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con la presente circolare intendiamo portare a conoscenza degli Ordini territoriali la recente pronuncia del Consiglio di Stato, III Sezione, 3 luglio 2025 n.5741, riguardante l’applicazione del principio dell’equo compenso all’interno degli affidamenti dei servizi di ingegneria e di architettura, nonché svolgere alcune considerazioni di portata generale sulla rilevante tematica, alla luce degli ultimi arresti giurisprudenziali.
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È opportuno precisare subito che la sentenza del Consiglio di Stato, 3 luglio 2025 n.5741 costituisce una buona notizia per i Professionisti e per tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’equo compenso nel settore dei contratti pubblici.
Tale sentenza – destinata a costituire un importante precedente – interviene infatti nel dibattito sull’inderogabilità del compenso professionale minimo nell’ambito delle gare pubbliche, confermando l’orientamento che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha da sempre sostenuto in materia.
In particolare, il Consiglio di Stato ha esaminato il caso di una gara indetta da una Pubblica Amministrazione (Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana), - per l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica finalizzato alla demolizione e ricostruzione del capannone acquisito alla sede di Roma “M. Aleandri” dell’Istituto - in cui il disciplinare di gara prevedeva espressamente una clausola di non ribassabilità del compenso professionale posto a base d’asta (determinato secondo i parametri ministeriali di cui al DM 17 giugno 2016), consentendo la competizione tra gli offerenti esclusivamente sulle componenti accessorie di costo (ovvero, spese e oneri vari).
La controversia è sorta a seguito dell’esclusione di un operatore economico che, - in sede di offerta economica e successiva verifica di anomalia - aveva praticato un ribasso del 100% sulle spese ed oneri accessori ribassabili, riuscendo così di fatto ad erodere indirettamente anche la quota di compenso professionale teoricamente intangibile. Il TAR competente aveva inizialmente annullato l’esclusione disposta dalla stazione appaltante, ritenendo non provato che il ribasso sulle spese incidesse sull’equo compenso (1), ma tale decisione era stata impugnata innanzi al Consiglio di Stato.
Nel giudizio di appello il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso, ha riformato la pronuncia di primo grado e annullato gli atti impugnati, con ciò riconoscendo la legittimità dell’azione della Stazione Appaltante volta a tutelare l’equo compenso nel caso di specie.
Pur basando il proprio decisum anche su profili procedurali, il Consiglio di Stato, con la sentenza n.5741/2025, ha affrontato in modo approfondito il nodo giuridico di fondo, ossia l’applicabilità della disciplina dell’equo compenso – introdotta dalla legge 21 aprile 2023 n.49 – nell’ambito delle gare pubbliche per servizi tecnici.
La decisione in commento conferma innanzitutto l’orientamento più recente secondo cui la legge n. 49/2023 sull’equo compenso non si applica tal quale alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, trattandosi di un corpus normativo distinto rispetto a quello dei contratti pubblici. Il Consiglio di Stato ribadisce quanto già affermato in proprie precedenti pronunce (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 27 gennaio 2025 n.594 e Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025 n.844): il Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n.36/2023) costituisce una disciplina speciale e autosufficiente in materia di determinazione dei compensi professionali negli appalti, sicché le regole della legge 49/2023 non possono essere automaticamente invocate per modificare o integrare le disposizioni di gara.
In altre parole, non opera alcun meccanismo di eterointegrazione automatica del bando attraverso la normativa sull’equo compenso, esterna al Codice; di conseguenza non è ammessa, ad esempio, l’esclusione di un concorrente di una gara pubblica direttamente in applicazione della legge n.49/2023, se la lex specialis (il bando di gara) non prevede espressamente tale causa di esclusione.
Tuttavia – e qui risiede la portata innovativa e chiarificatrice della sentenza – il Consiglio di Stato afferma contestualmente che nulla vieta alla stazione appaltante di introdurre nei documenti di gara clausole finalizzate a garantire il principio dell’equo compenso professionale; ad esempio, prevedendo la non ribassabilità (in tutto o in parte) del corrispettivo posto a base d’asta.
Questa facoltà - esercitabile in via discrezionale dalla P.A. entro i margini consentiti - è anzi pienamente coerente con il quadro normativo vigente: la pronuncia richiama espressamente il disposto dell’art.108, comma 5, del d.lgs. n.36/2023 (2)(già previsto in termini simili dall’art.95, comma 7, del d.lgs. n.50/2016), il quale autorizza la Stazione Appaltante a stabilire a monte un prezzo fisso o massimo, spostando la competizione tra gli operatori economici unicamente sugli aspetti qualitativi.
Tale meccanismo – precisa il Collegio – non viola in sé i principi di concorrenza, né rappresenta un tertium genus di criterio di aggiudicazione, bensì una specificazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (miglior rapporto qualità/prezzo) ammessa dall’ordinamento. Anzi, il vigente Codice dei contratti pubblici incoraggia una maggiore valorizzazione degli aspetti qualitativi nelle gare di servizi di natura intellettuale: si noti che l’art.108, comma 2, lett. b), del d.lgs. n.36/2023 richiede l’utilizzo del criterio qualità/prezzo per gli affidamenti di ingegneria e architettura sopra soglia, senza precludere la possibilità per la P.A. di modulare tale rapporto, riducendo il peso del prezzo.
In questa prospettiva, l’inserimento di limiti al ribasso economico per tutelare compensi professionali minimi non è di per sé lesivo dei principi di par condicio o di buon uso delle risorse pubbliche, specialmente se giustificato da finalità meritevoli di considerazione, come la salvaguardia del decoro professionale e della qualità della prestazione.
Il Consiglio di Stato sottolinea peraltro che lo stesso Codice dei contratti esplicita il principio dell’equo compenso: l’art.8, comma 2, del d.lgs. n.36/2023 include, tra i principi generali, quello secondo cui deve essere garantita una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità della prestazione, in linea con l’art.36 della Costituzione.
I nuovi commi inseriti nel Codice dal decreto “correttivo” n.209/2024 (3)(art.41, commi 15-bis e 15-quater) rappresentano pertanto la traduzione applicativa di dettaglio di tale principio nelle procedure di affidamento.
La sentenza in esame evidenzia proprio come il “regime normativo dell’equo compenso” funzioni da principio di carattere generale per le prestazioni d’opera intellettuale, al quale corrispondono nel Codice puntuali regole operative (come la determinazione del corrispettivo a base d’asta secondo parametri ministeriali e la possibile fissazione di prezzi non ribassabili).
Si tratta, quindi, di un sistema integrato: la legge 49/2023 segna l’affermazione di un principio di tutela del compenso dei servizi professionali, e il Codice dei contratti ne assicura l’attuazione concreta nell’ambito delle gare pubbliche, evitando però commistioni normative che possano generare incertezza o contenziosi procedurali.
Infine, con specifico riferimento al caso esaminato, la sentenza del Consiglio di Stato n.5741/2025 chiarisce che, qualora la lex specialis di gara – come nella fattispecie – preveda in partenza espressamente l’intangibilità del compenso professionale a base d’asta, tale clausola è perfettamente valida e vincolante. In tal caso, qualsiasi stratagemma dell’offerente volto ad aggirare detta previsione (ad esempio, ribassando al massimo le voci accessorie, per poi riassorbirle nella parte di compenso teoricamente fissa, durante la giustificazione dell’offerta) può legittimamente essere sanzionato dalla stazione appaltante.
Il Consiglio di Stato, riesaminando la documentazione tecnica, ha concordato sul fatto che nell’offerta esclusa le spese generali e persino un margine di utile d’impresa erano stati indebitamente ricompresi nell’importo del compenso professionale “non ribassabile”, con l’effetto di ridurre quest’ultimo ben al di sotto del livello minimo previsto. Ciò ha confermato la fondatezza dell’esclusione disposta dalla Commissione di gara, poiché l’azzeramento delle spese comprimibili si era tradotto, in concreto, in un inammissibile pregiudizio all’equo compenso dei professionisti.
In definitiva, il Consiglio di Stato ha rimarcato che le clausole di salvaguardia del compenso professionale, inserite nel bando, devono essere rispettate dagli offerenti e fatte rigorosamente rispettare dalle stazioni appaltanti, pena altrimenti la violazione dei principi posti a tutela della dignità della Professione.
Il CNI accoglie con particolare favore questa pronuncia, in quanto avvalora la posizione da sempre sostenuta dalle rappresentanze istituzionali degli Ingegneri in tema di equo compenso negli appalti pubblici. Sin dall’entrata in vigore della normativa sull’equo compenso, il Consiglio Nazionale ha ribadito la necessità che, anche nelle procedure di gara per servizi di ingegneria e di architettura, si assicurino compensi proporzionati e dignitosi, attraverso l’adozione dei parametri ministeriali e la limitazione dei ribassi eccessivi.
La decisione del Consiglio di Stato n.5741/2025 conferma in modo autorevole tale impostazione di principio, riconoscendo che la tutela dell’equo compenso non è affatto estranea al sistema degli appalti pubblici, ma al contrario vi trova spazio nel rispetto delle regole concorrenziali e a beneficio della qualità delle prestazioni rese alla P.A..
Si evidenzia come la pronuncia in oggetto si inserisca in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, che ha visto negli ultimi mesi una progressiva convergenza dei giudici amministrativi verso il riconoscimento della legittimità e opportunità della tutela dell’equo compenso nelle gare pubbliche.
Nella circolare CNI 14/10/2024 n.223(4), ad opera del Centro Studi della Fondazione CNI, erano già state analizzate alcune decisioni di rilievo, sia di primo grado che d’appello, mettendo in luce due orientamenti allora contrapposti.
Da un lato, taluni TAR avevano espresso argomenti ostativi all’applicazione della legge n.49/2023 nel settore dei contratti pubblici.
Di segno opposto, e destinato a divenire prevalente, è l’orientamento emerso in altre sedi.
Tali orientamenti, richiamati espressamente dal CNI nella citata circolare n.223/2024, sono ora stati fatti propri e ulteriormente sistematizzati dal Consiglio di Stato, chiudendo di fatto il dibattito interpretativo con una chiara investitura di legittimità alle clausole pro-equo compenso.
Giova segnalare, a completamento del quadro, che lo stesso Consiglio di Stato aveva in altre pronunce recenti (precedenti alla n.5741/2025) riconosciuto la possibilità di contemperare il principio dell’equo compenso con le dinamiche concorrenziali. Nella sentenza Consiglio di Stato, sez. V, n.844/2025, ad esempio, si è sottolineato come il Codice Appalti 2023 miri a fissare una base d’asta soggetta a ribasso nell’ambito di criteri qualità/prezzo (dunque con una fisiologica riducibilità del prezzo), mentre la legge n.49/2023 persegue l’obiettivo di stabilire un minimo remunerativo inderogabile, la cui violazione comporta la nullità della pattuizione contrattuale. Ne deriva – afferma il Giudice Amministrativo – che la legge speciale (Codice) e la normativa primaria sull’equo compenso operano su piani diversi, ma comunicanti: l’equo compenso è un principio generale da tenere presente, attuato però mediante le regole specifiche dettate dal Codice per gli affidamenti dei servizi professionali.
La sentenza n. 5741/2025 si allinea perfettamente a questa impostazione duale, affermando in sostanza che ciò che conta è assicurare in concreto un compenso proporzionato e dignitoso al professionista, obiettivo che l’Amministrazione può e deve perseguire sin dalla fase di gara, servendosi degli strumenti offerti dal Codice dei contratti (parametri obbligatori, criteri di aggiudicazione incentrati sulla qualità, clausole di non ribassabilità, verifica dell’anomalia sulle offerte anormalmente basse, etc.).
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Alla luce di quanto sopra, preme riepilogare i riferimenti normativi attualmente vigenti in materia, così da fornire agli Ordini territoriali elementi utili per l’interpretazione ed applicazione delle regole sull’equo compenso nelle procedure di affidamento di servizi di ingegneria e architettura.
L’art.41 del d.lgs. n.36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), rubricato “Livelli e contenuti della progettazione”, al comma 15 prescrive che per gli affidamenti di servizi di progettazione le stazioni appaltanti determinino i compensi a base di gara utilizzando i parametri stabiliti dal decreto del MIT 17 giugno 2016. In particolare, l’Allegato I.13 al Codice disciplina nel dettaglio le modalità di calcolo dei corrispettivi dovuti per le diverse prestazioni progettuali, con l’esplicito scopo di porre a base d’asta importi congrui e proporzionati alla prestazione da affidare. In altri termini, già nella sua formulazione originaria, il Codice del 2023 ha recepito il principio per cui il valore economico delle prestazioni intellettuali deve essere determinato sulla base di standard oggettivi, così da evitare basi d’asta irrisorie o non remunerative.
Tale meccanismo costituisce una garanzia preliminare di equità del compenso: fissando un importo a base gara “equo” – in quanto derivante dai parametri – si intende assicurare che eventuali ribassi d’offerta non comprimano il compenso al di sotto di una soglia considerata minima e adeguata.
Va evidenziato che, nelle prime applicazioni del Codice del 2023, era emersa qualche incertezza interpretativa sul limite dei ribassi ammissibili rispetto a tale base parametrica. Proprio per fugare tali dubbi, il decreto legislativo correttivo n.209/2024 (in vigore dal 1° gennaio 2025) ha integrato l’art.41 con i nuovi commi 15-bis, 15-ter e 15-quater, dettando una disciplina più puntuale dell’equo compenso negli appalti pubblici di servizi tecnici.
In conclusione, su questo aspetto, la sentenza allegata del Consiglio di Stato n.5741/2025 conferma che non esiste un conflitto insanabile tra Codice Appalti e legge equo compenso, bensì un rapporto di complementarità: il Codice costituisce la lex specialis di riferimento nelle procedure selettive, mentre la legge n.49/2023 ispira i principi di base e disciplina il rapporto contrattuale risultante. Entrambi mirano al medesimo obiettivo di fondo – garantire compensi giusti e proporzionati – sebbene con tecniche e momenti applicativi differenti.
Pertanto, gli Ordini professionali possono legittimamente invocare sia le norme codicistiche, sia la normativa primaria per promuovere il rispetto dell’equo compenso, avendo cura di riferirsi alle sedi e fasi corrette: in fase di predisposizione dei bandi e nei pareri di congruità, richiamando art.41 d.lgs. n.36/2023 e parametri allegati; in fase di esecuzione contrattuale, ove necessario, facendo valere le tutele della legge n.49/2023.
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Alla luce della sentenza in esame e delle evoluzioni normative descritte, il CNI raccomanda fortemente agli Ordini territoriali di diffondere questi elementi informativi all’interno della comunità professionale.
In particolare, si suggerisce di:
• Informare gli iscritti circa il contenuto e la rilevanza della pronuncia del Consiglio di Stato n.5741/2025, sottolineando come tale decisione rappresenti un punto fermo a tutela dell’equo compenso negli appalti pubblici.
• Sensibilizzare le Stazioni Appaltanti nel territorio di competenza sull’importanza di prevedere nei bandi clausole conformi all’art. 41 del Codice e ai principi dell’equo compenso. Gli Ordini, nell’ambito delle proprie interlocuzioni istituzionali, potranno richiamare il fatto che il massimo organo della giustizia amministrativa ha legittimato le clausole di non ribassabilità dei compensi professionali, evidenziando i benefici in termini di qualità delle prestazioni e contenimento di offerte anomale.
• Vigilare sulle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura bandite sul territorio: qualora venissero riscontrate clausole potenzialmente in contrasto con i principi sopra esposti (ad es.: compensi base d’asta al di sotto dei parametri, richieste di prestazioni gratuite o ribassi indiscriminati sulla componente tecnica), i Consigli degli Ordini sono invitati a segnalarlo prontamente all’Osservatorio Bandi del CNI e, se del caso, a fornire supporto ai propri iscritti nell’impugnazione di bandi illegittimi. Come ricordato dal Consiglio di Stato, eventuali clausole che eludano la normativa di riferimento (ad esempio, non applicando i parametri ministeriali) potrebbero risultare nulle o comportare l’illegittimità della procedura.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri confida che la presente circolare, unitamente alle considerazioni sopra riportate, possa costituire un utile strumento di riferimento per l’azione degli Ordini e dei professionisti.
La tutela dell’equo compenso – inteso come giusto riconoscimento economico del valore del lavoro intellettuale – è un pilastro della dignità e della qualità della nostra Professione. La recente evoluzione normativa e l’importante conferma proveniente dal Consiglio di Stato forniscono ora basi ancora più solide per perseguire tale tutela in ogni sede.
Si sollecitano pertanto gli Ordini territoriali a perseverare nell’azione di monitoraggio e promozione del rispetto dell’equo compenso, nell’interesse tanto dei professionisti quanto della Pubblica Amministrazione e della collettività, che traggono beneficio da prestazioni tecniche adeguatamente compensate e quindi qualitativamente migliori.
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Si invitano nel frattempo i destinatari della presente circolare a realizzarne la più ampia diffusione nel proprio ambito territoriale.
ALLEGATO: Sentenza Consiglio di Stato, Sezione III, 3/07/2025 n.5741.
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NOTE
(1) Secondo il TAR per il Lazio, nella sentenza in forma semplificata n.20274/2024, “l’offerta della ricorrente appare in linea con quanto richiesto dalla normativa attuale che permette di ribassare le sole ‘spese e oneri accessori’, ma non il compenso, non ravvisandosi alcun vincolo normativo che potesse impedire al concorrente di effettuare un ribasso del 100% sulle voci cui la stessa stazione appaltante permetteva il ribasso. Infatti, l’offerta in questione si è attenuta alle indicazioni della stazione appaltante sulle somme ribassabili, avendo operato il ribasso sulle cd voci accessorie e non sul compenso, mentre la Stazione appaltante non ha dimostrato che questo ribasso intaccasse l’equo compenso.”.
(2) Si riporta di seguito il testo dell’art.108, comma 5, del d.lgs. 31 marzo 2023 n.36: “L'elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 1, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi.”.
(3) Per un commento alle previsioni del Decreto correttivo (d.lgs. 31 dicembre 2024 n.209) si rinvia alla lettura della circolare CNI 15/01/2025 n.240, pubblicata sul sito Internet istituzionale.
(4) Rinvenibile sul sito Internet istituzionale.
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