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Rif. DV11214
Documento 10/05/2013 PARERE
Fonte CNI
Tipo Documento PARERE
Numero
Data 10/05/2013
Riferimento
Note
Allegati

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Titolo SOCIETÀ PARTECIPATA DA ENTI PUBBLICI LOCALI EX ART.113 D.LGS. N.267/2000 – OGGETTO SOCIALE – PRESTAZIONE DEI SERVIZI IN MATERIA DI RISPARMIO ENERGETICO – IPOTESI DI ILLECITA CONCORRENZA - RICHIESTA PARERE
Testo Viene richiesto parere sullo statuto della società a responsabilità limitata “AEVV Impianti Srl”, costituita dalla società partecipata in misura maggioritaria da enti pubblici locali “Azienda di Valle” e avente prevalente capitale pubblico ex art.113 d.lgs. 267/2000, la quale ha per oggetto sociale – tra l’altro – l’attività di “progettazione.. di impianti di produzione energia elettrica”, di “prestazione dei servizi in materia di risparmio energetico compresa la gestione calore, la gestione di impianti termici e relative attività di manutenzione, progettazione, realizzazione e controllo”, potendo quindi la stessa fare concorrenza ai liberi professionisti da una posizione privilegiata.

Sulla questione si osserva quanto segue.

La vicenda segnalata attiene ad una problematica di estremo interesse e di grande attualità, sulla quale sarebbe necessario uno studio particolarmente approfondito che, per la molteplicità e complessità degli aspetti da trattare, non può essere adeguatamente svolto in questa sede, se non per sommi capi.

Da tempo, infatti, si è posta la questione della possibilità per le società di gestione dei servizi pubblici locali, partecipate in misura maggioritaria da enti pubblici, di operare sul mercato in concorrenza con gli operatori privati e addirittura al di fuori dell’ambito territoriale di riferimento (l’art.3.3 dello Statuto trasmesso riporta : “La società potrà realizzare o gestire le attività.. senza limiti territoriali, potendo altresì effettuare dette attività a seguito di richiesta di terzi, siano essi enti pubblici o privati, anche non soci”).

Pare indubitabile, infatti, che qualora la società strumentale dell’ente locale non si limiti a gestire il servizio pubblico dell’ente locale di riferimento ma effettui prestazioni a pagamento rivolte alla generalità dei consociati, operando come un qualunque operatore privato, essa si ponga in una situazione di favore, sia perché in teoria non esposta al rischio di fallimento, sia per il vantaggio sui costi, derivante dalla sua posizione di affidataria diretta del servizio. Ad essere minacciato, pertanto, sarebbe il principio della par condicio tra i concorrenti e della libera concorrenza (Ricordiamo che per la giurisprudenza costituisce servizio pubblico “qualsiasi attività che si concretizza nella produzione di beni e servizi, in funzione di un'utilità per la comunità locale, non solo in termini economici, ma anche per esigenze di promozione sociale, compresa l'effettuazione del servizio di riscaldamento degli edifici comunali, affidato da un comune ad un consorzio tra enti locali cui anch'esso partecipa e che ne costituisce organismo sì distinto, ma pure strumentale” : Consiglio di Stato, 9 maggio 2001 n.2605).

Occorre però rilevare che la giurisprudenza ammette tale possibilità qualora la società costituita o partecipata dagli enti locali per la gestione del servizio pubblico locale abbia conseguito il servizio nel rispetto di modalità concorrenziali e quindi negando la possibilità di provocare effetti distorsivi per effetto della legittima posizione acquisita (Consiglio di Stato, sez. V, 11/04/2011 n.2222).

La ricerca di una corretta soluzione è resa inoltre assai difficoltosa dalla “schizofrenia” e proliferazione legislativa, che ha portato il Parlamento a intervenire di continuo e talvolta con provvedimenti estemporanei sulla questione, di modo che la materia non riesce mai a trovare un assetto stabile e definitivo (ciò – per inciso – ha causato il ritardo nella redazione del presente parere, che ha dovuto ‘rincorrere’ i vari provvedimenti governativi succedutisi nel corso del 2012).

Per quanto di interesse e a conferma di quanto sopra, la disciplina delle società pubbliche che erogano servizi è stata profondamente incisa dall’art.4 (“Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche”) del decreto-legge 6 luglio 2012 n.95, come convertito dalla legge 7 agosto 2012 n.135, nonché dall’art.34 del decreto-legge 18 ottobre 2012 n.179 (“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”), il cd secondo decreto-liberalizzazioni (o decreto-sviluppo), per citare soltanto gli interventi più recenti.

Allo scopo di fornire un parere circostanziato è necessario dunque ripercorrere la disordinata e complessa disciplina normativa succedutasi nel tempo e metterla a confronto con lo Statuto della società AEVV Impianti.

Fermo restando, come accennato, che per questioni di spazio si sottoporrà a disanima soltanto le disposizioni più recenti.

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IL (COMPLESSO) QUADRO NORMATIVO

La disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica era, fino al 2008, essenzialmente contenuta soltanto nell’art.113 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267 (“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”).

L’art.23-bis del decreto legge n.112/2008 (cd “manovra d’estate”) modificò profondamente la materia dei servizi pubblici locali.

Il DPR 7 settembre 2010 n.168 – tutt’ora formalmente vigente – disciplinò quindi a livello regolamentare la materia.

Nel 2011, come noto, un referendum abrogò l’art.23-bis citato. Mentre nel 2012 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.4 del DL 13 agosto 2011 n.138 (“Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”), con cui il Governo aveva provveduto a disciplinare ex novo il settore (Anche la Legge di stabilità 2012 – la legge 12 novembre 2011 n.183 – aveva modificato l’art.4 del DL n.138/2011).

In seguito, il primo decreto-liberalizzazioni (decreto legge 24 gennaio 2012 n.1) ha introdotto nel tessuto del DL n.138/2011 un art.3-bis (“Ambiti territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali”), per regolare dati aspetti della disciplina e ha abrogato o sostituito alcuni commi dell’art.4 del medesimo DL 138/2011.

Il secondo decreto-sviluppo – il già citato DL 18 ottobre 2012 n.179, come modificato dalla legge di conversione 17 dicembre 2012 n.221 – ha nuovamente inciso sulla materia, in continuità col precedente decreto-legge n.1 del 2012.

Il decreto-legge n.179/2012 ha anche modificato in parte l’art.4 del DL 6 giugno 2012 n.95 (sopra citato) che, nel luglio del 2012, aveva posto altre disposizioni di interesse per le società pubbliche (anche la legge di stabilità 2013 – legge 24/12/2012 n.228 – ha provveduto a riscrivere in parte la norma).

Come si vede, la disciplina dei servizi pubblici locali aventi rilevanza economica è racchiusa in un mosaico di disposizioni, che rende non agevole comporre il quadro d’insieme.

In questa sede ci si limita a richiamare il testo dell’art.34 (commi da 20 a 22) del DL n.179/2012 citato, come modificato dalla legge di conversione n.221/2012 :

“20. Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste.

21. Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista al comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31 dicembre 2013.

22. Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020”.

Mentre il comma 25 della medesima disposizione stabilisce che : “I commi da 20 a 22 non si applicano al servizio di distribuzione di gas naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, al servizio di distribuzione di energia elettrica, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e alla legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché alla gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475. Restano inoltre ferme le disposizioni di cui all'articolo 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134”.

Come è evidente, l’intervento normativo mira ad assicurare il rispetto del principio concorrenziale nell’affidamento del servizio, introducendo limitazioni di ordine temporale e giuridico agli affidamenti già in essere, avvenuti senza gara.

In primo luogo è previsto dal citato decreto-legge n.179/2012 un obbligo motivazionale della scelta operata, al fine di “garantire adeguata informazione alla collettività”, comprensivo di indicazione delle compensazioni economiche, se previste, e della pubblicazione sul sito Internet dell’Ente.

In secondo luogo, è fissato il termine perentorio del 31 dicembre 2013 per l’adeguamento degli affidamenti non rispettosi della normativa europea, mentre vi è l’obbligo di inserire nel contratto di servizio un termine di scadenza, ove esso non risulti dagli atti contrattuali in essere. Il tutto con la sanzione della cessazione dell’affidamento del servizio alla data del 31 dicembre 2013 (si vuole evitare una proroga a tempo indeterminato, elusiva della libera concorrenza).

In terzo luogo, è prevista una importante deroga per gli affidamenti diretti alle società a partecipazione pubblica che risultino quotate in Borsa, alla data del 1 ottobre 2003.

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LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

Anche la posizione della giurisprudenza che si è occupata del tema risente delle oscillazioni legislative.

Pur nella difficoltà di rinvenire un assetto stabile della materia, in linea di prima approssimazione, si può affermare che l’orientamento maggioritario sembra escludere limiti generali alla possibilità per le società pubbliche di agire sul mercato, purché siano rispettati i principi dell’evidenza pubblica.

Così il Tar Toscana, 4 maggio 2012 n.865, in relazione alla gara indetta dal Comune di Pistoia per l’affidamento del “servizio energia e tecnologico per gli impianti di pertinenza del Comune di Pistoia, per un periodo di 5 anni”, con aggiudicataria una società a sua volta controllata da altra società avente capitale misto pubblico-privato, rigetta il ricorso della seconda classificata, sostenendo che la società in questione è una società multiutility a partecipazione mista destinata a produrre beni e/o servizi per il pubblico in regime di concorrenza, e non si configura come longa manus delle amministrazioni pubbliche (di modo che non si applicano alla stessa i limiti di cui all’art.23-bis del DL n.112/2008, né quelli di cui all’art.13 del DL n.223/2006).

In precedenza, come detto, il Consiglio di Stato aveva affermato che “L'affidamento ad una società mista pubblica e privata costituita con le modalità indicate dal comma 2, lett. b), dell'art. 23-bis del DL n.112/2008, convertito con legge n. 133/2008 e ss.mm. deve essere equiparato, ai fini della tutela della concorrenza e del mercato, anche alla luce dei principi dettati dall'UE in materia, all'affidamento a terzi mediante pubblica gara. Pertanto, il divieto di partecipazione alla gare bandite per l'affidamento di servizi diversi da quelli in atto, previsto dal comma 9 del citato art. 23-bis, si applica solamente alle società che già gestiscono servizi pubblici locali a seguito di affidamento diretto o comunque a seguito di procedura non ad evidenza pubblica” (Cons. Stato, V sez., 11 aprile 2011 n.2222).

Sempre il Consiglio di Stato, a proposito dei rapporti tra società mista e operatori economici del settore, ha statuito che “Il criterio guida nella utilizzazione della società mista è quello della salvaguardia della libera concorrenza, che risulta garantita solo se il capitale pubblico interviene senza sottrarre all'imprenditoria privata le utilità che questa potrebbe trarre da un affidamento del medesimo appalto al di fuori dello schema societario, in esito al semplice esperimento della gara per la scelta del contraente. Ne consegue che, la conformità allo schema delineato impone che al socio privato sia affidata - non un qualunque compito operativo, purché precisamente determinato - bensì ogni attività necessaria all'esecuzione dell'appalto che sia suscettibile di rendere una utilità economica”. Inoltre “la società appaltatrice a capitale pubblico non ha la facoltà di affidare direttamente alla propria controllata quote di attività nell'ambito dell'esecuzione di opere pubbliche, in violazione del principio di libera concorrenza” (Consiglio di Stato, sez. V., 20/04/2012 n.2348).

Sotto la vigenza dell’art.23-bis del DL n.112/2008, poi, la Corte Costituzionale aveva ammesso la possibilità di affidamento diretto della gestione del servizio ad una società mista, “alla doppia condizione che la scelta del socio privato avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica e che a tale socio siano attribuiti "specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio" (cosiddetta gara ad evidenza pubblica a doppio oggetto: scelta del socio e attribuzione degli specifici compiti operativi)” : Corte Cost., 17 novembre 2010 n.325.

Si viene così a fissare il principio che i Comuni possono procedere all’affidamento diretto dei servizi pubblici di spettanza, alla società per azioni a capitale pubblico maggioritario dagli stessi costituita, “in quanto tali società vengono costituite dagli enti locali al precipuo scopo di affidare loro i servizi pubblici di propria competenza, vanificandosi, nell'ipotesi di un'obbligatoria indizione di una procedura di affidamento, la ragione stessa della loro costituzione. L'unico profilo di selezione informata ai criteri di trasparenza e concorrenza è rappresentato dalla scelta del partner privato” : Tar Lombardia, Milano, 12 luglio 2012 n.1974.

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IL CASO DELLA AEVV IMPIANTI SRL

La società AEVV Impianti Srl è una società “a prevalente capitale detenuto da società di capitali ex art.113 d.lgs. 267/2000, partecipate in misura maggioritaria da enti pubblici locali” e avente per oggetto – tra l’altro – la progettazione e gestione di impianti di produzione di energia elettrica, la “prestazione di servizi in materia di risparmio energetico, compresa la gestione calore, la gestione di impianti termici e relative attività di manutenzione, progettazione, realizzazione e controllo”, lo “svolgimento, anche per conto terzi, di tutte le attività riconducibili ai servizi di cui sopra, di progettazione, costruzione e gestione di impianti, ricerca, programmazione e promozione” (art.3 dello statuto).

La società potrà realizzare le anzidette attività direttamente, in concessione in appalto o in qualsiasi altra forma, senza limiti territoriali.

Viene quindi espressamente richiamato nello statuto (privo di data) l’art.113 (“Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”) del Testo Unico enti locali, ragione per cui è indubbio che la società AEVV IMPIANTI è una società mista pubblico-privata, detenuta da una società di gestione di un servizio pubblico locale.

In sostanza il problema che si pone è impedire che una società beneficiaria di affidamenti diretti (Azienda di Valle) possa – utilizzando la società da essa controllata – offrire prezzi maggiormente competitivi rispetto a quelli di altre imprese e professionisti del settore, ed espandere la propria posizione di mercato, attraverso l’acquisizione di altri servizi.

Di tale esigenza si è fatto carico – al momento della sua vigenza – l’art.23-bis del decreto-legge n.112/2008, infatti, secondo il Consiglio di Stato, sez. V, 15 febbraio 2013 n.936 : “L'art. 23-bis, comma 9, DL n.112/2008, pone il divieto per le affidatarie dirette di servizi pubblici locali di partecipare, anche tramite proprie controllate non solo a gare per "servizi ulteriori", ma più in generale, e con valenza di chiusura, per "servizi o attività per altri enti pubblici o privati". Dall'impiego della preposizione "per", quindi, è possibile comprendere nel perimetro applicativo della norma anche i servizi strumentali e cioè attività consistenti in un facere rivolte direttamente nei confronti dell'ente pubblico affidante. Attraverso l'applicazione del divieto in esame anche per i servizi strumentali, si realizza infatti l'obiettivo di impedire che società beneficiarie di affidamenti diretti, e dunque incaricate della gestione di attività idonee a far conseguire maggiori profitti rispetto a quelli ritraibili attraverso un confronto competitivo con altri operatori, possano offrire prezzi maggiormente competitivi nelle procedure di affidamento di ulteriori commesse pubbliche, qualunque attività esse riguardino. Il tutto anche attraverso società da loro controllate, grazie alla possibilità di compensazioni finanziarie infragruppo, che consentano quindi di assicurare un equilibrio economico complessivo di un soggetto nella sostanza unitario”.

Secondo il giudice amministrativo d’appello – che si trova a decidere, riformandola, sulla sentenza del Tar Toscana n.865/2012 sopra citata – per affermare la legittimità dell’affidamento del servizio “energia e tecnologico” degli impianti dell’amministrazione sarebbe necessario rinvenire nel caso di specie un momento di confronto concorrenziale, o attraverso l’affidamento del servizio mediante gara, o comunque con la selezione del socio industriale sempre secondo i moduli propri dell’evidenza pubblica (momento concorrenziale che invece nella fattispecie è mancato, perché l’aggiudicataria Toscana Energia Green spa era “partecipata al 100% da Toscana Energia spa, società il cui capitale è a sua volta detenuto per circa il 52% da enti pubblici locali toscani ed affidataria diretta da questi del servizio di distribuzione del gas”).

Va tenuto in considerazione, inoltre, il disposto dell’art.3, comma 27, della legge 24 dicembre 2007 n.244, come modificato dalla legge n.69/2009, secondo cui : “Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006 n.163, e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza”.

Da quanto sopra emerge la necessità di indagare se la AEVV Impianti o, a monte, la società Azienda di Valle, hanno il socio industriale selezionato tramite gara, oppure se una procedura concorrenziale è stata utilizzata per l’affidamento dei servizi citati dall’Ordine degli Ingegneri di Sondrio. Non essendo il CNI in possesso di tali informazioni, spetta all’Ordine territoriale effettuare le verifiche del caso.

Alla luce di tale recente giurisprudenza del Consiglio di Stato - che pare attagliarsi pienamente al caso oggetto di analisi in questa sede - infatti, solo la sussistenza di un modello concorrenziale evita alla società (di derivazione) pubblica l’accusa di illecita concorrenza o di illegittimo affidamento dei servizi.

Qualora fossero riscontrati nel caso di specie i vizi procedurali sopra richiamati, oppure la società, alla data del 31 dicembre 2013, non rispettasse le prescrizioni imposte dall’art.34 del decreto-legge n.179/2012 (v. sopra), gli operatori economici privati e i liberi professionisti interessati potranno ricorrere alla giustizia amministrativa per vedere riconosciuto il rispetto dei principi di derivazione comunitaria, di par condicio e libera concorrenza.

Senza contare che – in base al nuovo art.21-bis della legge n.287/1990, introdotto dall’art.35 del DL n.201/2011, come convertito dalla legge n.214/2011 – la stessa Autorità Antitrust è legittimata a impugnare davanti al giudice i regolamenti e i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica “che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato” (in allegato).

In questi termini è il parere richiesto, in base ai dati a disposizione.

Confidando di aver fornito il contributo auspicato e ribadendo che il ritardo nel rilascio del parere è dipeso dalla molteplicità degli interventi normativi (dei quali ancora non si vede la fine) succedutisi nella materia, si inviano distinti saluti.

ALLEGATI :
1) Art.113 d.lgs. n.267/2000 ;
2) Art.4 decreto-legge n.95/2012, come convertito dalla legge n.135/2012 ;
3) Art. 34 decreto-legge n.179/2012, come convertito dalla legge n.221/2012 ;
4) Cons. Stato, sez. V, 15/02/2013 n.936 ;
5) Art.3, comma 27, legge n.244/2007 ;
6) Art.21-bis legge n.287/1990.
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