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Rif. DV04557
Documento 29/03/1997 INTERVENTO DEL PRESIDENTE COMITATO NAZIONALE DI COORDINAMENTO FITA
Fonte IL SOLE 24 ORE
Tipo Documento INTERVENTO DEL PRESIDENTE COMITATO NAZIONALE DI COORDINAMENTO FITA
Numero
Data 29/03/1997
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Note
Allegati
Titolo CONSIGLI PROVINCIALI - 'ORDINI, LA RIFORMA SBAGLIA IL METODO'
Testo L'iniziativa promossa dal ministero di Grazia e giustizia per affrontare, anche se con notevole ritardo, lo spinoso problema del riordino delle professioni regolamentate, appare come un atto dovuto in virtù delle competenze, in termini di controllo e vigilanza (come riporta anche il "decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382 - Norme sui Consigli degli Ordini e Collegi e sulle Commissioni centrali professionali)". Preoccupa, tuttavia, l'impostazione culturale e metodologica che si sta seguendo con l'istituzione di un tavolo di confronto che, a nostro avviso, nasce afflitto da almeno due difetti d'origine che sarebbe necessario correggere subito.

Prima di tutto si persiste nell'attribuire ai Consigli nazionali degli Ordini un ruolo di rappresentanza sindacale rispetto al quale invece non possono vantare alcun titolo, essendo un'emanazione dello stesso ministero di Grazia e giustizia. L'esclusione da quel tavolo delle parti sociali, cioè di quelle organizzazioni come Fita, in cui le professioni liberali sono rappresentate comunque vengano svolte (in forma singola, associata o societaria) rischia di trasformare il confronto in un "monologo" dove il ministero può finire per parlare solo a se stesso. Non so se siamo di fronte a una scelta precisa o a una semplice sottovalutazione o misconoscimento del processo evolutivo che anche grazie alle decisive spallate della politica europea, investe in pieno le professioni liberali italiane. La necessità di una riforma sorge infatti da spinte esterne al resistente mondo degli Ordini e da una dinamica del lavoro professionale fatta di nuove professionalità, nuove forme di rapporto, nuove modalità di rappresentanza, che sta già plasmando 13 realtà italiana e aspetta solo di essere riconosciuta e valorizzata.

In questo contesto non è difficile convenire che rappresenta un vero controsenso il voler riformare avendo come solo riferimento gli schemi culturali e le categorie organizzative che si vogliono superare con la riforma stessa. Questo comportamento, che appare poco efficace ai fini di una riforma così impegnativa e di inizio sulle reali intenzioni di modernizzare il settore.

Il secondo difetto è altrettanto grave e deriva dal fatto che il ministero di Grazia e giustizia non ha competenze un materia di lavoro e di mercato; è pertanto auspicabile una consultazione delle parti sociali, istituendo una commissione interministeriale capace di affrontare gli aspetti trasversali dei problemi.

Non è pensabile che la riforma delle professioni liberali possa essere limitata agli uffici di via Arenula. Se si è veramente convinti della necessità della riforma bisognerà chiamare al tavolo della progettazione non solo le parti sociali ma anche gli altri soggetti istituzionali coinvolti, come i ministeri dell'Industria e del Lavoro che dovrebbero auspicabilmente, ereditare l'uscita delle professioni liberali dalla tutela del ministero di Grazia e giustizia per prendersi in carico il settore riformato.

La proposta di una legge quadro necessita di un programma graduale di attuazione, che sancisca preliminarmente condizioni di pari trattamento dei soggetti esercenti attività regolamentate e non. Questa prospettiva dovrà garantire flessibilità dell'esercizio dell'attività professionale secondo soprattutto le logiche del lavoro un affitto, offrendo così un effettivo sbocco alla disoccupazione e inoccupazione giovanile.

Oggi l'Italia si trova agli ultimi posti nel mondo nel campo della consulenza specialistica, e questo è dovuto soprattutto al gap legislativo che facilita la penetrazione della concorrenza straniera in un mercato ingessato da piccoli interessi e da battaglie di retroguardia. Fita ha segnalato le problematiche connesse al ministero di Grazia e Giustizia, le industrie professionali in rappresentanza delle posizioni di oltre 20mila iscritti che occupano in Italia 200mila unità lavorative prevalentemente costituite da professionisti, e ha in corso di formazione l'Elenco italiano dei consulenti europei (Eice): strumento essenziale per la partecipazione del mondo professionale italiano (organizzato o singolo) al mercato dell'interscambio internazionale del consulting.

La riforma dovrà perciò mirare a costruire un sistema professionale moderno, che, come è avvenuto per altri Paesi, faccia del mondo delle professioni un effettivo trainer per la crescita di competitività dei comparti manifatturieri delle Pmi, per l'aumento di qualità dei servizi, per la modernizzazione della Pubblica Amministrazione.

Nonostante tutti i lacci e lacciuoli in cui è ancora ingabbiato il terziario avanzato è l'unico settore che continua a mantenere un trend occupazionale positivo, molto al di sopra di ogni altro comparto economico. Ma le sue industrie sono società costituite da professionisti, i suoi operatori e protagonisti sono professionisti, il suo prodotto è lavoro organizzato, professionale, altamente qualificato e specializzato. Bisogna farci i conti, superando i limiti culturali, aprendosi al cambiamento. E' dannoso continuare a strumentalizzare lo spettro di una deregulation ormai avviata per legge - in maniera certamente discutibile - dal collegato alla Finanziaria'97, che consentendo di esercitare una seconda attività ai pubblici dipendenti, ne ha abrogato l'incompatibilità all'esercizio della libera professione e, allo stesso tempo, ha aperto gli Albi professionali indiscriminatamente.



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