Testo
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L'Assemblea dei Presidenti degli ordini provinciali approfondendo il suo ruolo e caratterizzando via via le sue funzioni di singolare organo volontario interno della categoria, arricchendosi - come fa oggi - della presenza e quindi del contributo dei Rappresentati di altre professioni liberali, che saluto con entusiasmo.
Ciò accade per la prima volta e come era da attendersi su un argomento di rilevante importanza per Ordini e Collegi senza distinzioni quale è appunto quello posto oggi all'ordine del giorno sulla riforma dell'Ordinamento delle professioni liberali - la cui stesura è stata affidata ad un Gruppo nominato dal Ministero di Grazia e Giustizia - e per di più sotto l'incalzare di diffuse e contraddittorie autorevoli od interessate opinioni sul destino e sul ruolo dell'Ordine come istituzione.
A questo stesso argomento l'Ordine degli ingegneri ha già dedicato tre riunioni di Assemblea dei Presidenti, il 19 aprile 1997, il 22 novembre 1997, il 31 gennaio 1998 e numerose altre iniziative. Ad esso una particolare attenzione è stata rivolta durante l'ultimo Congresso Nazionale tenutosi a Silvi Marina lo scorso settembre. In ogni occasione si è giunti all'approvazione di mozioni sintetiche che hanno fornito l'orientamento politico agli Organi di categoria a tutti i livelli.
Ad esso abbiamo pure dedicato approfonditi incontri, con comunità di intenti, tra i cinque Ordini professionali dell`area tecnica (Agronomi, Architetti, Chimici, Geologi, Ingegneri) pervenendo ad un documento congiunto inviato al Ministero di Grazia e Giustizia, quale contributo alla definizione della legge quadro delle professioni liberali, e ad un comunicato stampa comune apparso su alcuni quotidiani di rilevanza nazionale, diffuso dalle più importanti agenzie di stampa e dalla Rai.
Tutto ciò mi esime dal ripetere oggi cose già dette nelle precedenti riunioni, nelle precedenti occasioni ed al Congresso, come ad esempio quelle concernenti il ruolo sociale dell'Ordine, nonché la necessità e l'urgenza di un profondo cambiamento dell'Ordinamento e quindi del rinnovamento radicale di alcuni punti cardine dell'attuale assetto ordinistico: l'accesso alla professione ed il mantenimento dello status di professionista nel tempo, la tariffa e la qualità delle prestazioni professionali, la concorrenza, la pubblicità, la deontologia e l'etica, i nuovi soggetti professionali societari (società d'ingegneria e società professionali), l'aggiornamento e la riqualificazione degli ingegneri.
Questioni sulle quali questa Assemblea ed il Congresso hanno approvato mozioni di indirizzo sostanzialmente valide tuttora salvo quanto messo in discussione da eventi successivi.
Mi preme oggi perciò introdurre i lavori dell'Assemblea sul tema all'ordine del giorno, aggiungendo solo nuovi spunti di riflessione, esclusivamente però per gli aspetti aventi rilevante incidenza sulle iniziative che l'Ordine dovrà assumere.
Sugli Ordini professionali e sulle professioni liberali, con la eccezione dei medici e forse delle altre professioni sanitarie, si sono finora appalesate due distinte correnti di pensiero, assimilabili a due diverse politiche riconducibili comunque al Governo attraverso alcuni suoi esponenti.
Se poi si aggiunge la proposta di riforma legislativa dell'Ordine dei medici di iniziativa governativa si deve obiettivamente riconoscere che sull'argomento il Governo ha almeno tre diverse politiche.
Una è decisamente squilibrata a favore della tesi sostenuta dall'ANTITRUST che vorrebbe assimilare la professione all'impresa, che pensa di eliminare le tariffe in Oglli caso, che fa della concorrenza e del mercato i miti del 2000 senza alcun riguardo per i valori sociali ed umani delle professiOni liberali e delle loro funzioni pubbliche.
I paladini di questa politica sono stati:
- il Ministro Bersani, distintosi per le dichiarazioni oltraggiose nei confronti delle professioni liberali apparse sulla stampa;
- il Ministro Costa, assertore di una visione spiccatamente economicista e mercantile delle professioni liberali.
L'altra può ricondursi in vario modo al Ministero di Grazia e Giustizia e più precisamente al Sottosegretario Mirone, che ha la delega per le professioni liberali eccetto quelle sanitarie poste invece sotto la vigilanza del Ministero della Sanità.
Ad essa ha sostanzialmente aderito il Sottosegretario ai LL.PP. Bargone attraverso una dichiarazione molto esplicita, che si differenzia notevolmente dal noto pensiero del Ministro dei LL.PP. in carica (Sole-24 Ore, 27 gennaio 1998).
La posizione ufficiale, anche perché a mio avviso la più significativa sotto il profilo politico, è quella del Sottosegretario Mirone proprio per l'attribuzione ministeriale conferitagli. Essa può così essere riassunta:
a) Gli Ordini saranno mantenuti per le professioni caratterizzate da un rilevante interesse pubblico conseguentemente diminuiranno di numero Per le altre professioni si potrà prevedere la libertà di autoregolamentazione e l'organizzazione tramite associazioni (Il Sole 24 Ore, 10 Gennaio 1998, Il Sole 24 Ore, 29 Gennaio 1998).
b) Si può garantire la concorrenza e la correttezza delle informazioni al cittadino senza qualificare l'esercizio delle professioni intellettuali come attività di impresa perché spesso l'attività del professionista, che ha come referente il cittadino, si riferisce a diritti garantiti dalla Costituzione, come quelli afferenti la difesa, la salute e l'informazione. (Il Sole 24 Ore. 10.01. 1998, Il Tempo, 22.01. 1998).
c) Il problema dell'accesso riguarderà soprattutto le professioni che conserveranno l'Ordine. Per queste le Commissioni per l'Esame di Stato dovranno però garantire la terzietà.
Vanno pure individuate forme adeguate di tirocinio.
(Il Sole 24 Ore, l0.01.1998)
d) La pubblicità deve essere ammessa e deve assicurare la serietà dell'informazione impedendone l'assimilazione a quella commerciale, ma recependo le indicazioni dell'ANTITRUST.
(Il Sole 24 Ore, 10.01.1998, Il Sole 24 Ore, 29.01.1998).
e) Una totale liberalizzazione delle tariffe, alla lunga è squalificante per la professione.
Se ne potrebbero abolire i livelli massimi determinando dei minimi di riferimento.
(Il Sole 24 Ore, 10.07.1998).
Si può introdurre una dose di liberalizzazione del compenso collegato all'obbligazione di risultato, così il professionista è incentivato a raggiungerlo.
(Il Sole 24 Ore, 10.01.1998).
Di quest'ultimo aspetto consentitemi di sottolinearne la pericolosità e la assai dubbia eticità.
f) Bisognerà arrivare a separare nell'Ordine le funzioni di governo da quelle di controllo disciplinare.
(Il Sole 24 Ore, 10.01.1998).
Il Sottosegretario Mirone ha poi precisato in modo ufficiale anche il pensiero del Governo sulla vicenda connessa agli Ordini ed alle professioni liberali nei seguenti termini:
a) Il Governo non ha mai detto che vuole abolire gli Ordini professionali.
b) L'ANTITRUST non ha detto che non esiste la necessità che per alcune professioni possano esserci degli Ordini professionali. (La Sicilia, 28.01.1998).
c) Il vertice di Palazzo Chigi del 27.01.1998 tra il Presidente Prodi, i Ministri Flick, Bersani, Bindi e lo stesso Sottosegretario Mirone è servito a chiarire i termini e gli obiettivi della modernizzazione nel settore delle libere professioni, che non contempla l'abolizione degli Ordini ma più precisamente:
- che essi sono necessari nei settori ove esistono interessi pubblici da tutelare ed ove si registrano "asimmetrie informative";
- che essi devono garantire livelli di qualità della prestazione attraverso le regole di accesso alla professione e soprattutto certificare l'aggiornamento professionale degli iscritti;
- saranno però recepite le indicazione dell'ANTITRUST circa l'abolizione del divieto di pubblicità e dei minimi tariffari;
- sul fronte della deontologia il controllo del rispetto delle regole, attualmente molto carente, sarà probabilmente affidato ad un organismo caratterizzato da terzietà;
- comunque le libere professioni non saranno equiparate alle imprese.
Fin qui l'autorevole posizione del Sottosegretario Mirone, con delega per le professioni liberali, e del Govemo attraverso lo stesso Mirone.
A questo punto è lecito chiedersi se il Gruppo di lavoro -nominalmente presieduto dallo stesso Mirone ma di fatto dal Consigliere del Ministero di Grazie e Giustizia dott. Racheli - nominato dal Ministro Flick "per la redazione di una legge quadro in materia di libere professioni" abbia tenuto presenti nella stesura delle tante bozze di legge quadro gli indirizzi politici ai quali ho fatto fin qui riferimento. Orbene, alcuni di questi, assai significativi, sono stati palesemente disattesi anzi decisamente contraddetti.
Ciò suscita preoccupazione e perplessità sulla possibilità di successo che una proposta di legge quadro per tanti aspetti condivisibile e complessivamente apprezzabile, affetta però da siffatte contraddizioni possa avere nel suo prosieguo, allorquando cioè sarà sottoposta all'esame del Governo, che non ritroverà in essa parti significative della propria politica.
Mi riferisco, in via principale, ai seguenti contenuti dell'ultima bozza di legge quadro, essendo quelli di più stridente contrasto con gli indirizzi politici:
a) costituzione di tutte le professioni attualmente riconosciute in Ordini;
b) mancata distinzione fra le attività intellettuali che richiedono la costituzione di un Ordine e quelle che possono dare luogo alla formazione di libere associazioni di prestatori;
c) mancata individuazione degli interessi generali, genericamente introdotti, senza avere specificato quelli di preminente interesse pubblico e quelli riferentesi a diritti del cittadino garantiti dalla Costituzione. Agli interessi cioè che giustificano la creazione od il mantenimento di un Ordine;
d) la fissazione di minimi tariffari inderogabili, attesa la particolare natura di determinate prestazioni connesse all'esercizio o funzioni di interesse pubblico.
Mentre ogni professione potrebbe pensare di trovare in quest'ultima norma la via per salvaguardare la propria tariffa è bene dire a chiare note che essa è stata introdotta esclusivamente per i Notai ed è assai difficile pensare a sue future estensioni interpretative.
Ma mi riferisco anche ad altri aspetti ai quali gli Ordini dell`area tecnica (Agronomi, Architetti, Chimici, Geologi ed Ingegneri) annettono molto importanza:
- al mantenimento della tradizionale distinzione fra Ordini e Collegi che ha un preciso significato contenutistico con riferimento a diversi percorsi formativi: Università e Scuola Secondaria Superiore; ma anche, con riferimento al diritto comunitario, e precisamente alle direttive 89/48 relativa ai titoli universitari di durata non inferiore a tre anni e la 92/51 relativa ai titoli di minore durata che in Italia sono proprio quelli rilasciati dalla Scuola Secondaria Supel-iore. Direttive entrambe recepite nel diritto nazionale:
- alla contraddizione esistente fra la previsione di una tariffa con minimi e massimi correlati alla qualità delle prestazioni con la sua derogabilità.
Dovrebbe invece essere chiaro che le prestazioni rese senza qualità sotto un minimo stabilito sono fuori dalla tariffa, che in tal senso è sicuramente derogabile;
- attribuzione ai Consigli Nazionali del compito di esprimere pareri obbligatori sui corsi di studio universitari per le professioni organizzate in Ordini e su quelli della Scuola Secondaria Superiore Collegi.
Dunque c'è uno scarto concettuale significativo fra gli indirizzi politici della riforma dell'Ordinamento delle professioni e la relativa bozza di legge quadro, ma anche rispetto alle nostre attese.
La contraddizione non può interpretarsi semplicisticamente pensando ad una divergenza di vedute fra Presidente e Vice Presidente del Gruppo che, a mio avviso, non esiste.
Sono portato a ritenere invece che si tratti di un metodo di lavoro che si sviluppa su due livelli. Uno più specificatamente politico ed è quello apparso conclusivamente sulla stampa come indirizzo del Governo. L'altro in seno al Gruppo, dettato dalle contingenze dovute alla presenza dei rappresentanti di molte professioni e di tante Istituzioni (Ministeri, CNEL, ANTITRUST. ecc.) portatori di interessi diversi e talvolta contrapposti, difficili da comporre ed i cui problemi vengono perciò lasciati irrisolti e rinviati ad altre sedi.
Questa situazione non fornisce però la certezza delle prospettive. Essa è poi aggravata dalla mancanza ancora oggi del testo di bozza di legge quadro definitivo da sottoporre all'esame degli Ordini professionali. Mentre d'altra parte si ritiene di dovere approvare il testo definitivo in seno al Gruppo nella riunione del 28 c.m., trascurando l'esigenza che hanno i Consigli Nazionali di dover rispettare la loro democrazia interna, che richiede l'attivazione di inderogabili fasi di consultazione. Queste iniziano con l'inoltro del testo agli Ordini provinciali ed alle Federazioni Regionali ed infine ove eventuali novità significative lo richiedano, si concludono con una ulteriore riunione dell'Assemblea dei Presidenti per le decisioni finali.
Ma forse conclusivamente andrà tenuta una manifestazione esterna ove devono essere sostenute le posizioni tra loro fortemente convergenti ed alla quale i cinque Ordini professionali dell'area tecnica (Agronomi, Architetti, Chimici, Geologi ed Ingegneri) pensano già da tempo.
Manifestazione che dovrebbe vedere insieme tutte le professioni liberali, mentre ciascuna di esse dovrebbe assicurare una consistente ed effettiva partecipazione di professionisti provenienti da tutta Italia, onde evitare fallimenti nocivi all'immagine delle professioni stesse ed agli esiti desiderati. Fallimenti ai quali qualche volta abbiamo assistito sgomenti. La sede ideale è naturalmente Roma.
Manifestazione da tenersi perciò senza altre etichette che non siano quelle delle professioni aderenti, senza vincoli di appartenenza a sigle alle quali il C.N.I. non aderisce non condividendone la prassi, i metodi e le concrete finalità perseguite ed a volte le palesi strumentalizzazioni, nonché le capacità organizzative.
Premono oggi però altri problemi di rilevante pregnanza politica perché attengono al cambiamento dell'Ordine come istituzione ed alla difesa dei suoi indefettibili valori.
E' stato presentato al Senato il disegno di legge n. 2856 concernente la "delega al Governo per la disciplina delle professioni intellettuali".
Ne richiamo l'ispirazione, volta in buona sostanza:
- a liberalizzare gli accessi alle attività professionali attraverso l'abolizione dell'esame di Stato e del tirocinio;
- a liberalizzare il rapporto dei professionisti con i clienti ed i committenti per il tramite della libera contrattazione e dell'abrogazione di qualsiasi tariffa;
- a liberalizzare la concorrenza, la libertà di lavoro, ed a consentire la promozione pubblicitaria;
- a regolamentare le attività professionali dei professionisti dipendenti escludendoli dal diritto di elettorato attivo e passivo;
- a creare perciò associazioni obbligatorie solo per gli esercenti la libera professione ma senza obbligo di iscrizione alle casse di previdenza delle categorie professionali.
Si tratta di un disegno di legge inaccettabile sotto ogni profilo, contrario ai principi che ispirano la nostra visione ordinistica, che si pone in netto contrasto con la bozza di legge quadro predisposta dal Gruppo. Essa è però inquietante per la estrazione politica dei suoi presentatori: 10 Senatori tutti dell'Ulivo, cioè della maggioranza che esprime il Governo.
E' stato pure presentato al Senato il disegno di legge n, 2818 di iniziativa governativa. Esso concerne la "delega per la riforma degli Ordini dei medici chirurghi" con carattere di legge quadro di ben altro spessore e tenore rispetto al precedente.
Questo disegno di legge merita molta attenzione essendo stato presentato dal Ministro della Sanità di concerto con quelli di Grazia e Giustizia, della Università e Ricerca scientifica e della Funzione pubblica.
L'autorevolezza dei quattro Ministri, connessa con le specifiche responsabilità dei dicasteri loro affidati, consente di potere affermare che il disegno di legge n. 2818 costituisce un autorevole indirizzo di politica governativa della riforma dell'ordinamento delle professioni liberali per quanto risulta sicuramente comune agli Ordini dell'area medica ed a quelli delle altre aree professionali, per quanto concerne cioè i principi generali comuni a tutte le professioni senza distinzioni.
Questo disegno di legge rappresenta perciò obiettivamente un riferimento ineludibile per il Gruppo preposto alla stesura della legge quadro in materia di professioni liberali, che non dovrebbe perciò venire né ignorato né contraddetto.
Ne enucleo alcuni principi che non appaiono considerati nell'ultima bozza di legge quadro del Gruppo, che dovrebbero a mio avviso essere tenuti presenti e che affido alla riflessione dell'Assemblea:
- obbligatorietà d'iscrizione all'albo ed alla cassa di previdenza delle categorie professionali per tutti gli esercenti la professione sia in forma libera che dipendente;
- un sistema elettorale con il sistema proporzionale tra liste concollenti, corretto con l'introduzione di un premio di maggioranza per garantire la migliore governabilità dell''Ordine;
- l'introduzione di un collegio elettivo di revisori dei conti;
- il rafforzamento del potere deontologico;
- la durata di quattro anni per tutti i livelli dell'Ordine;
- l'affidamento della presidenza delle commissioni per l'esame di Stato al presidente della Federazione regionale competente od a un suo delegato;
- la disciplina delle aspettative e dei permessi nonché la previsione di rimborsi ed indennità per consentire agli eletti alle cariche ordinistiche di svolgere adeguatamente le loro funzioni;
- l'istituzione di collegi arbitrali nell'ambito delle Federazioni regionali per la richiesta di risarcimento di danni rinvenienti all'esercizio professionale;
- l'obbligatorietà del parere sui corsi di studio afferenti il titolo della professione.
Esiste infine un altro problema che interessa prevalenten1ente le professioni dell'area tecnica, verso il quale raccomando più sensibilità e vivacità di reazione.
Mi riferisco all'azione corrosiva che l'OICE, associata alla Confindustria, continua a svolgere.
Si tratta di un argomento al quale ho dedicato molta attenzione e sul quale ritorno oggi per esaminarne le novità.
Devo preliminarmente richiamare alla vostra attenzione il fatto rilevante messo in atto dall'OICE di modificare il proprio statuto con la testuale finalità di accogliere nella propria organizzazione "le fasce di studi professionali con almeno tre addetti che non si sentono adeguatamente rappresentate dagli Ordini".
La finalità è dunque quella di creare confusione facendo breccia nei piccoli studi professionali per indebolire gli Ordini ed i Collegi dell'area tecnica. Questi dovrebbero perciò intervenire tempestivamente reagendo a tutti i livelli.
Gi Ordini ed i Collegi devono però attrezzarsi subito, magari coordinandosi a tutti i livelli, per offrire servizi alla professione in materia di gare e di concorsi di progettazione migliori di quelli che oggi l'OICE offre, a prezzi elevatissimi, ai propri aderenti.
Ma occorre pure precorrere i tempi della riforma ordinistica attuandola almeno per quel che concerne alcuni aspetti: la pubblicità, le tariffe e la qualità delle prestazioni, la concorrenza, l'assistenza legale e tributaria, ecc.
Gli Ordini ed i Collegi devono pure dimostrare sin da ora attenzione ed apertura non solo verso le costituende società professionali previste dall'art. 24 legge n. 266/97, che dovranno essere accolte in una sezione dell'Albo, ma anche verso le società d'ingegneria che svolgono solo attività professionale attraendole verso gli Ordini e tenendo presente che la stragrande maggioranza di esse non aderisce all'OICE.
Ma la tracotanza dell'OICE, formata da 200 aderenti circa, compreso le società distintesi all'epoca di tangentopoli e che compaiono ancora oggi nelle cronache giudiziarie afferenti la distribuzione di tangenti, ove gli aderenti non sono tutti eguali contando di più chi ha più capitali e più affari, raggiunge i limiti dell'intollerabilità nel comunicato stampa del 12 febbraio scorso intitolato "la legge quadro sulle professioni è un bluff".
Esso merita di essere letto e quindi valutato dall'Assemblea.
L'OICE (l'Associazione delle società di ingegneria) non ha accolto con sorpresa le anticipazioni di stampa sulla bozza di legge quadro sugli ordini professionali. Nulla di nuovo e di autenticamente riformatoria, infatti, si attendeva dalla Commissione costituta da Antonio Mirone e composta per nove undicesimi da Presidenti di Ordini professionali e messi là dal CNEL al solo fìne di garantirsi la tutela delle professioni "protette". Come se per riformare il sistema carcerario si chiamassero solo i carcerieri e non si sentisse la necessità di chiedere anche ai carcerati.
In sostanza i tre articoli con i quali si dettano i criteri di delega per l'emanazione dei decreti di riforma del settore non fanno altro che replicare principi e tesi che da anni gli ordini portano avanti senza tenere conto in alcuna misura dell'evoluzione delle professioni e del contesto europeo e internazionale in cui l'attività professionale è chiamata a muoversi.
L'operazione che è stata posta in essere ha il solo scopo di ribadire la centralità degli ordini professionali che in violazione di principi generali sanciti dalla Costituzione si candidano anche a rappresentare in via esclusiva coloro che svolgono attività professionali protetta alla stessa stregua dei sindacati corporativi del periodo fascista.
Per quel che riguarda la normativa sulle società professionali che si sovrappone a quella in itinere, attuativa della legge Bersani vengono riproposte rafforzandole tutte quelle norme vincolistiche che non potranno che scoraggiare la costituzione di società fra professionisti vanificando quindi la modernizzazione del settore e l'adeguamento al contesto europeo e internazionale.
Il Presidente Prodi e il Ministro Bersani erano stati chiarissimi nell'indicare la direzione. Una riforma che non liberalizza non ammoderna il settore delle professioni non lo mette in condizione di competere senza troppi inutili lacci e laccioli con i concorrenti europei non dovrebbe essere nei programmi del Governo oltre a non servire a nulla vanifica del tutto i risultati cui si era giunti con l'indagine condotta dall'Antitrust.
Duole però rilevare che gli argomenti dell'OICE hanno fatto breccia nello SNILPI - il Sindacato degli Ingegneri liberi professionisti - ormai votato alla causa dell'OICE.
Il Presidente nazionale dello SNILPI ha infatti rilasciato le seguenti testuali dichiarazioni, offensive per l'Ordine rendendole pubbliche attraverso la stampa:
a) "E' indispensabile che si tenga conto di quanto affermato dall'Antitrust sulla necessità di rivedere il ruolo degli Ordini professionali che spesso costituiscono un ostacolo alla libera concorrenza dei mercati" (Avvenire 03.02.1998)
b) "Le tariffe rappresentano un ostacolo allo sviluppo della libera professione impedendo il suo rafforzamento in un mercato fortemente competitivo" (Italia Oggi 31.01.1998)
c) "L'obbligo di iscrizione delle società agli Albi relative all'attività professionale esercitata e il compito degli ordini di approvare gli statuti costituiscono un condizionamento nell'esercizio della libera professione" (Il Sole 24 Ore 03.02.1998 - Il Tempo 28.01.1998)
Va perciò chiarita con urgenza la posizione dello SNILPI nell'ambito della categoria degli ingegneri, dovendo ritenere, per quanto a mia conoscenza, che la totalità o quasi dei liberi professionisti italiani condivide pienamente la politica dell'Ordine e non già quella dello SNILPI.
Va perciò chiarito:
- chi rappresenta lo SNILPI con questa politica. Insomma quanti sono gli ingegneri che la condividono:
- la natura dei rapporti tra SNILPI ed OICE già in passato posta in discussione dal CNI;
- ed infine se la Cassa di previdenza, tradizionalmente assai prossima allo SNILPI, cammina sulla stessa lunghezza d'onda. Cosa sulla quale vanno, a mio avviso, interrogati i delegati provinciali.
Termino qui l'introduzione alle relazioni che terranno Dusman, Polese e La Pietra, ed al dibattito. A questo ritengo di avere offerto diversi spunti di riflessione, nella certezza che ad essi vengano dati puntuali risposte.
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