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Rif. SZ07643
Documento 30/04/2002 SENTENZA
Fonte CONSIGLIO DI STATO
Tipo Documento SENTENZA
Numero 2303
Data 30/04/2002
Riferimento
Note
Allegati
Titolo COMPETENZA ARCHITETTI SU IMMOBILI ARTISTICI - DELIMITAZIONE DEL CARATTERE ARTISTICO DELL'OPERA - AMPLIAMENTO DELL'INTERVENTO DEGLI INGEGNERI - SENTENZA 2303/02
Testo REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2119/1995, proposto da Utica Ugo e dall'Ordine degli ingegneri della Provincia di Milano, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Ernesto Beretta, Aldo Bozzi, Arturo Marzano, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, via Sabotino, n. 45;

contro

Ordine degli architetti di Milano, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo Villata e Franco G. Scoca, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, via Paisiello, n. 55;

e nei confronti di

Comune di Cavacurta, non costituito in giudizio;

Pietro Caserini, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Lombardia - sede di Milano, sez. I, 21 ottobre 1994, n. 816, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Ordine appellato;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

relatore alla pubblica udienza del 15 gennaio 2002 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi l'avvocato Marzano per gli appellanti e gli avvocati Scoca e Villata per l'appellato;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Il Sindaco del Comune di Cavacurta rilasciava concessione edilizia per il restauro del complesso edilizio denominato "Convento dei Padri Serviti".

Detta concessione veniva impugnata dall'Ordine degli Architetti, in base al rilievo che trattandosi di immobile di rilevante carattere artistico, ancorché non soggetto al vincolo di cui alla L. n. 1089 del 1939, il progetto doveva essere sottoscritto da un architetto e non, come invece avvenuto, da un ingegnere.

1.1. Il T.A.R. adito con la sentenza in epigrafe accoglieva il ricorso, in base al rilievo che qualunque intervento anche minimo su edificio esistente, che abbia rilevanza artistica, deve essere progettato dall'architetto e non dall'ingegnere.

2. Hanno proposto appello l'ingegnere firmatario del progetto e l'Ordine degli ingegneri della provincia di Milano.

Osservano che in base alla legge professionale, sono di competenza della professione di architetto il restauro e ripristino degli edifici soggetti al vincolo di cui alla L. n. 1089 del 1939, mentre per gli edifici non soggetti al vincolo sono di competenza dell'architetto solo le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico. Nella specie, gli interventi di edilizia civile, relativi ad immobile non vincolato, non presentavano rilevante carattere artistico, e non necessitavano pertanto di progetto firmato da architetto.

3. L'appello è fondato.

3.1. La questione di diritto oggetto del presente giudizio verte sulla corretta interpretazione dell'art. 52, R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537, relativamente al riparto di competenze tra architetti e ingegneri in ordine alle opere soggette a vincolo storico - artistico o comunque di carattere artistico.

Dispone, in particolare, l'art. 52, R.D. n. 2537 del 1925, che sono di competenza della professione di architetto, da un lato "le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico" e dall'altro lato "il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20 giugno 1899, n. 364 (ora R.D. n. 1089 del 1939)".

Se è chiaro che quando si tratta di immobili soggetti a vincolo ai sensi della L. n. 1089 del 1939, il restauro e il ripristino sono di spettanza della professione di architetto, meno chiara è la previsione che attribuisce all'architetto "le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico".

La norma si riferisce, chiaramente, agli immobili non soggetti a vincolo.

L'assenza di un vincolo formale, impone una valutazione caso per caso non sul semplice carattere artistico, bensì sul "rilevante" carattere artistico.

Tale valutazione deve essere compiuta dall'autorità che approva il progetto dell'opera.

Trattasi di valutazione di merito, sindacabile solo in caso di manifesta illogicità o travisamento.

Quanto alla espressione "opere di edilizia civile" la stessa va riferita sia alle nuove opere, sia agli interventi (ristrutturazione, manutenzione) su opere già esistenti.

3.2. Il rilevante carattere artistico va riferito non solo agli edifici cui accede l'intervento, ma anche all'intervento in sé, in quanto la norma parla non già di "interventi su beni di rilevante carattere artistico", bensì di opere di edilizia civile, in sé aventi rilevante carattere artistico.

Sicché, il rilevante carattere artistico va di volta in volta valutato dall'autorità competente ad approvare il progetto, con riferimento alle opere da effettuare.

Tale interpretazione, oltre che conforme al dato letterale della norma, è conforme alla logica della stessa, che intende differenziare gli immobili soggetti a vincolo storico - artistico da quelli non formalmente vincolati.

Per questi ultimi, non esistendo alcun vincolo, si impone una valutazione rigorosa sul carattere artistico dell'intervento, onde evitare una non necessaria riserva di competenza a favore di una categoria professionale (gli architetti) e in danno di un'altra (gli ingegneri).

Nel caso di specie, si tratta di interventi di manutenzione e adeguamento su un immobile non soggetto a vincolo ai sensi della L. n. 1089 del 1939, e ciò nonostante ritenuto di valore artistico dagli strumenti urbanistici comunali.

Occorreva dunque valutare se gli interventi progettati fossero, a loro volta, di rilevante carattere artistico, onde stabilire se il progetto fosse di competenza di architetto o ingegnere.

Tale valutazione competeva al Comune competente al rilascio della concessione edilizia.

Tuttavia, va rilevato che il ricorso di primo grado si limita a lamentare che le opere progettate fossero di competenza dell'architetto, senza censurare la valutazione comunale (o l'omessa valutazione comunale) in ordine alla competenza professionale.

Ma in difetto di specifiche censure (di difetto di istruttoria o motivazione), e in difetto di manifesti vizi logici della scelta comunale, il Collegio non può ritenere accoglibile il ricorso di primo grado.

4. Per quanto esposto, l'appello va accolto e, in riforma della sentenza gravata, va respinto il ricorso di primo grado.

La novità della questione giustifica la integrale compensazione delle spese di lite in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie.

Compensa interamente tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di lite in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 gennaio 2002.
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