Testo
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Con la presente si intende informare tutti gli interessati delle problematiche che stanno emergendo riguardo gli adempimenti richiesti per legge alla generalità delle Pubbliche Amministrazioni (su cui v. le precedenti circolari CNI 12/07/2023 n.68 e 1/09/2023 n.84, pubblicate sul sito Internet istituzionale).
Il Consiglio Nazionale ha ricevuto in data 30 gennaio 2024 una comunicazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti (1), che chiedeva, “entro 20 giorni dal ricevimento della presente”, di trasmettere la rilevazione delle partecipazioni societarie detenute, ai sensi dell’art.20 (2) del decreto legislativo 19 agosto 2016 n.175 (3)(“Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”), “avendo constatato il mancato invio dei piani di revisione da approvare al 31 dicembre 2022 ed al 31 dicembre 2023” (in allegato).
Inoltre, alcuni Ordini territoriali (anche appartenenti ad altre Categorie professionali (4) ) hanno ricevuto – nel mese di gennaio 2024 – una comunicazione della Direzione Generale Nord-Ovest della Ragioneria Territoriale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze, prot. 7236/16.01.2024, avente per oggetto: “PCC – Monitoraggio dello Stock dei Debiti Commerciali – Ordini e Collegi professionali – Determinazioni della RGS – IGF”, in cui, in buona sostanza, si sollecitano Ordini e Collegi professionali ad adempiere all’obbligo di comunicare alla Piattaforma dei crediti commerciali PCC “i dati dei propri pagamenti effettuati per debiti commerciali”, ai sensi dell’art.1, comma 867 (5), della legge 30 dicembre 2018 n.145 (6), sulla scorta di un parere (allegato alla medesima nota) dell’Ispettorato Generale di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato (parere n.294328/2023).
L’articolato parere dell’Ispettorato Generale di Finanza (I.G.F.) “sulla base di un’interpretazione logico-sistematica” - e pur facendo continuo ricorso al condizionale e utilizzando formule dubitative - giunge alla conclusione che la nuova disposizione normativa (il più volte citato art.12-ter del decreto-legge n.75/2023, come convertito dalla legge n.112/2023) non trovi applicazione “con riferimento agli obblighi di comunicazione sul sistema PCC, i quali erano stati appositamente introdotti per garantire la tempestività dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni italiane e contrastare i notevoli oneri, a carico della finanza pubblica, per interessi moratori derivanti dai ritardi nei pagamenti”, anche chiamando in causa gli obblighi dell’Italia nei confronti dell’Unione Europea per l’attuazione dei fondi del PNRR.
Per poi affermare che: “si reputa, quindi, che gli Ordini e i Collegi professionali, nonché i relativi organismi nazionali, in quanto enti pubblici non economici compresi tra le amministrazioni pubbliche di cui all’art.1, comma 2, della legge n.196/2009 (8), non possano essere ritenuti esclusi, sulla base dell’art.12-ter del decreto-legge n.75/2023, dall’osservare l’art.1, comma 867, della legge n.145/2018 e siano quindi tenuti alla registrazione sul sistema PAC, ai fini del monitoraggio dei debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell’esercizio precedente, e ad ottemperare agli obblighi comunicativi di cui al medesimo art.1, comma 867, della legge n.145/2018”.
Si assiste quindi – non senza sgomento e forte preoccupazione – ad uno smaccato tentativo di autorevolissimi Organi dello Stato di costringere la Categoria degli Ordini professionali ad assoggettarsi ad una serie di plurimi adempimenti pur dopo l’approvazione – da parte del Parlamento della Repubblica – di una legge dello Stato che, riconoscendo la peculiarità e la specialità dei medesimi, espressamente li esenta dall’osservanza dei suddetti adempimenti ed oneri, salvo che una determinata normativa in maniera esplicita li preveda tra i destinatari dell’obbligo.
Si intende, come noto, fare riferimento al disposto dell’art.12-ter del decreto-legge 22 giugno 2023 n.75, come convertito dalla legge 10 agosto 2023 n.112:
“1. Al comma 2-bis dell'articolo 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ogni altra disposizione diretta alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non si applica agli ordini, ai collegi professionali e ai relativi organismi nazionali, in quanto enti aventi natura associativa, che sono in equilibrio economico e finanziario, salvo che la legge non lo preveda espressamente»”.
Per effetto della novella, è stato dunque inserito un passaggio, all’interno del testo dell’art.2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013 n.101 (9), che mira a stabilire una volta per sempre che non tutti gli adempimenti posti in capo alla generalità delle Pubbliche Amministrazioni vanno considerati estesi automaticamente anche agli Ordini professionali e che ogni qualvolta il Legislatore intenda estendere al sistema degli Ordini e Collegi professionali adempimenti od obblighi previsti per le Pubbliche Amministrazioni, lo debba dichiarare espressamente e puntualmente.
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Come si vede, si è trattato di un intervento teso, di fatto, a vanificare e pregiudicare la vigenza e la piena esplicazione di una legge dello Stato, da parte delle articolazioni della Ragioneria Generale dello Stato, con una modalità di ragionamento e di azione che non tiene conto della chiara e netta volontà del Legislatore e per questa ragione, a parere dello scrivente Consiglio, censurabile.
Si ritiene infatti che il parere dell’Ispettorato Generale di Finanza del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - pur nella forma di un approfondimento di carattere giuridico, teso ad approfondire le norme sottoposte ad esame - compia una vera e propria inversione logico-giuridica dei canoni di interpretazione delle norme, tralasciando completamente il criterio letterale e del significato proprio delle parole, oltre che della intenzione del Legislatore, che impedisce di ricorrere ad altri criteri ermeneutici, quando la volontà della legge e la ratio della disposizione è (di per sé) chiarissima e non abbisogna del ricorso ad altre regole di interpretazione.
In base all’art.12 (10) delle disposizioni preliminari al Codice civile – che fissano i principi di interpretazione della legge - : “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.
Si vuol significare, in altre parole, che la possibilità di utilizzare altri, successivi, criteri di interpretazione delle norme (per giungere, tra l’altro, a risultati perplessi) sono esclusi dalla legge generale che disciplina le regole dell’interpretazione giuridica, quando la volontà del Legislatore contenuta nella disposizione oggetto di esame è chiara e limpidamente enunciata (11).
Il criterio letterale – per giurisprudenza costante – deve essere quello preminente e non è possibile vanificarlo e svalutarlo, se esso è in grado autonomamente di chiarire il precetto contenuto nella singola disposizione di legge.
Come ha ribadito di recente la Suprema Corte di Cassazione Civile al massimo livello (12).
Si assiste, in aggiunta, ad un non consentito ribaltamento del rapporto logico tra regola ed eccezione, laddove il parere dell’I.G.F. della Ragioneria Generale dello Stato – di fronte ad una chiara regola che afferma che ogni disposizione che stabilisce obblighi in capo alle PP.AA. non si applica agli Ordini professionali se non espressamente menzionati tra i destinatari – ha l’ardire di sostenere che le misure sul monitoraggio dei debiti commerciali residui scaduti di cui all’art.1, comma 867 della legge n.145/2018 troverebbero applicazione anche nei confronti degli Ordini e Collegi “stante pure l’assenza di un’esplicita disposizione di legge che ne sancisca espressamente la disapplicazione nei confronti dei medesimi enti” (!).
Ovvero – secondo l’Ispettorato Generale di Finanza – per far sì che un obbligo (previsto per la generalità degli Enti pubblici) non si applichi agli Ordini professionali ci deve essere una previsione espressa che stabilisca, per essi, la non applicabilità di quello specifico obbligo, ribaltando completamente il significato dell’art.12-ter del decreto-legge n.75/2023, che esclude invece, in via generale, gli Ordini da tutti gli obblighi di finanza pubblica, salvo richiamo esplicito e puntuale degli Ordini professionali tra i destinatari.
Il Consiglio Nazionale contesta dunque decisamente la (a nostro avviso) azzardata e temeraria lettura che la Ragioneria Territoriale e l’Ispettorato Generale di Finanza compiono della novella recata dall’art.12-ter del decreto-legge n.75/2023, come convertito dalla legge n.112/2023 e non ha intenzione di accettare senza reagire questo modus operandi, attivandosi nelle sede deputate, a difesa delle ragioni e delle prerogative degli Ordini professionali, da un lato, e del principio del primato della volontà popolare espressa dal Parlamento della Repubblica, dall’altro.
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Ci si sta pertanto muovendo in diverse direzioni.
Da un lato, con atteggiamento propositivo e collaborativo, come si è visto, si è deciso di rispondere alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, esponendo nel dettaglio le argomentazioni che – a nostro parere – spingono a ritenere che l’adempimento di cui all’art.20 del d.lgs. n.175/2016 non riguardi il sistema degli Ordini e Collegi professionali.
Tale risposta del CNI potrà, in caso, essere utilmente e liberamente utilizzata dagli Ordini territoriali, come modello e testo di base per riscontrare eventuali richieste pervenute da parte della Corte dei Conti.
Per quanto concerne invece le richieste provenienti dalla Ragioneria territoriale dello Stato- Direzione Generale Nord-Ovest, a proposito del Monitoraggio dello Stock dei debiti commerciali, l’intendimento – coordinandosi con Professionitaliane e dunque agendo in sinergia e stretto coordinamento con gli altri Consigli Nazionali interessati – è quello di contestare, se necessario anche tramite la via giudiziaria, le pretese dell’Amministrazione finanziaria, rigettando la tesi dell’inclusione degli Ordini e Collegi professionali tra i soggetti tenuti per legge all’adempimento.
In questa direzione occorrerà però che alcuni Ordini territoriali, tra quelli che hanno ricevuto la comunicazione in questione, decidano autonomamente di impugnare la richiesta (o le successive contestazioni) proveniente dalla Ragioneria Territoriale dello Stato davanti al TAR. Se nessun Ordine territoriale decidesse di presentare ricorso, l’impugnazione potrebbe essere dichiarata inammissibile dal Giudice (13).
Si domanda quindi la eventuale disponibilità degli Ordini territoriali che hanno ricevuto richieste o diffide ad adempiere dalla Ragioneria territoriale dello Stato a contestarne i contenuti, se del caso anche tramite impugnazione.
Sarà cura del Presidente del Consiglio Nazionale verificare questi aspetti, d’intesa con i Presidenti degli Ordini territoriali interessati, prima di formalizzare i passaggi successivi.
Allo stesso tempo, è intenzione del Consiglio Nazionale aprire un canale di dialogo con i Ministeri interessati, assieme agli altri Consigli Nazionali, per verificare le possibilità di giungere ad un cambiamento di rotta e di atteggiamento da parte di talune Amministrazioni dello Stato, nel momento in cui si relazionano con gli Ordini ed i Collegi professionali.
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Come si vede, svariati sono i fronti sui quali occorre impegnarsi, e sicuramente la collaborazione con Professionitaliane sarà importante per fare squadra e per ottenere che le varie Categorie si oppongano compatte ai tentativi di Organi dello Stato di disconoscere le prerogative e i caratteri di specialità e unicità degli Ordini professionali, nel variegato panorama delle Pubbliche Amministrazioni.
La presente circolare ha inoltre la funzione di farsi carico e rispondere alle richieste di parere e di informazioni giunte in questi ultimi giorni da parte di alcuni Ordini territoriali, che sollecitavano una presa di posizione sull’argomento da parte del Consiglio Nazionale.
Tutti gli Ordini territoriali, come sempre, saranno prontamente avvisati tramite circolare di ogni ulteriore novità ed iniziativa intervenuta sull’argomento.
Tanto si doveva per opportuna informazione, ferma restando l’autonomia e le scelte discrezionali spettanti a ciascun Consiglio dell’Ordine provinciale, a proposito dell’attuazione degli adempimenti a carico della Pubblica Amministrazione in generale, di cui alle norme di legge richiamate e riguardo la risposta da fornire alle richieste provenienti dalla Ragioneria territoriale dello Stato, piuttosto che della Corte dei Conti.
ALLEGATI:
1) Richiesta delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, prot. SSRR_CON-SSRRCO-0000304 del 30/01/2024;
2) Riscontro del Consiglio Nazionale, prot. CNI n.1532 del 9/02/2024;
3) Art.1, comma 867, della legge n.145/2018.
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NOTE
(1) Prot. SSRR_CON-SSRRCO-0000304 del 30/01/2024 della Corte dei Conti, trasmessa dalla Segreteria delle Sezioni riunite in sede di controllo via PEC in data 30 gennaio 2024 (prot. CNI n.1027/2024).
(2) “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche”.
(3) Questo il testo dell’art.20 d.lgs. n.175/2016: “1. Fermo quanto previsto dall'articolo 24, comma 1, le amministrazioni pubbliche effettuano annualmente, con proprio provvedimento, un'analisi dell'assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, le amministrazioni che non detengono alcuna partecipazione lo comunicano alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15.
2. I piani di razionalizzazione, corredati di un'apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, sono adottati ove, in sede di analisi di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche rilevino:
a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'articolo 4;
b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;
d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;
e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;
f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento;
g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all'articolo 4.
3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati entro il 31 dicembre di ogni anno e sono trasmessi con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114 e rese disponibili alla struttura di cui all'articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4.
4. In caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell'anno successivo le pubbliche amministrazioni approvano una relazione sull'attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono alla struttura di cui all'articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4.
5. I piani di riassetto possono prevedere anche la dismissione o l'assegnazione in virtù di operazioni straordinarie delle partecipazioni societarie acquistate anche per espressa previsione normativa. I relativi atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sociali sono disciplinati, salvo quanto diversamente disposto nel presente decreto, dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione.
6. Resta ferma la disposizione dell'articolo 1, comma 568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
7. La mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 da parte degli enti locali comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti” . Si applica l'articolo 24, commi 5, 6, 7, 8 e 9.
8. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 29, comma 1-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dall'articolo 1, commi da 611 a 616, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
9. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il conservatore del registro delle imprese cancella d'ufficio dal registro delle imprese, con gli effetti previsti dall'articolo 2495 del codice civile, le società a controllo pubblico che, per oltre due anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio d'esercizio ovvero non abbiano compiuto atti di gestione. Prima di procedere alla cancellazione, il conservatore comunica l'avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori, che possono, entro 60 giorni, presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell'attività, corredata dell'atto deliberativo delle amministrazioni pubbliche socie, adottata nelle forme e con i contenuti previsti dall'articolo 5. In caso di regolare presentazione della domanda, non si dà seguito al procedimento di cancellazione. Unioncamere presenta, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, alla struttura di cui all'articolo 15, una dettagliata relazione sullo stato di attuazione della presente norma.”.
(4) Ad esempio, i Consulenti del Lavoro ed i Dottori Agronomi e Forestali.
(5) Questo il testo dell’art.1, comma 867, della legge n.145/2018: “A decorrere dal 2020, entro il 31 gennaio di ogni anno le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comunicano, mediante la piattaforma elettronica di cui al comma 861, l'ammontare complessivo dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente. Per l'anno 2019 la comunicazione è effettuata dal 1° al 30 aprile 2019. Per le amministrazioni che ordinano gli incassi e i pagamenti al proprio tesoriere o cassiere attraverso ordinativi informatici emessi secondo lo standard Ordinativo Informatico, di cui al comma 8-bis dell'articolo 14 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, l'obbligo del presente adempimento permane fino alla chiusura dell'esercizio nel corso del quale il predetto standard viene adottato.”.
(6) “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”.
(7) Si segnala, all’interno del parere i vari: “apparendo”; “volte, a quanto pare, a circoscrivere”; “appare, essenzialmente, riconducibile”; “sembra pure disporre solo per l’avvenire”; “diversamente opinando, una generalizzata disapplicazione… non sembrerebbe scevra del rischio di comportare eventuali riflessi sfavorevoli a carico della finanza pubblica”.
(8) Di seguito il testo dell’art.1, comma 2, della legge n.196/2009 (“Legge di contabilità e finanza pubblica”): “Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.”.
(9) “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”.
(10) Questo il testo dell’art.12 delle Disposizioni sulla legge in generale del Codice civile: “1.Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
2.Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato.”.
(11) Si v., ad es., tra le tante pronunce sull’argomento, Consiglio di Stato, Sez. III, 9/02/2022 n.938: “In materia concorsuale, le clausole del bando di concorso per l'accesso al pubblico impiego non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, dovendo, invece, essere interpretate secondo il significato evincibile dal tenore letterale delle parole e dalla loro connessione, ex art. 12, comma primo, disp. prel. c.c.”.
(12) Sentenza Cassazione civile a Sezioni Riunite, 25/07/2022 n.23051: “L'interpretazione delle norme tributarie non si sottrae al primato del criterio letterale, che, per il suo carattere di oggettività e per il suo naturale obiettivo di ricerca del senso normativo maggiormente riconoscibile e palese, rappresenta il criterio cardine nella interpretazione della legge e concorre alla definizione in termini di certezza, determinatezza e tassatività della fattispecie impositiva, che l'art. 2 della l. n. 212 del 2000 vuole sorretta da disposizioni chiare e trasparenti.”.
(13) Occorre inoltre che l’atto amministrativo contestato presenti i caratteri della immediata lesività, della attualità e della concretezza della lesione della posizione giuridica del ricorrente. Circostanze e condizioni dell’azione che solamente il legale incaricato potrà, nel caso specifico, verificare e stabilire.
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