Stampa documento Stampa Invia una e-mail al CNI bancadati@cni-online.it
Rif. DV09445
Documento 19/10/2006 DOCUMENTO
Fonte CNI
Tipo Documento DOCUMENTO
Numero
Data 19/10/2006
Riferimento Protocollo CNI n. 3626 del 19/10/2006
Note
Allegati
Titolo OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULL'INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE 4 AGOSTO 2006, N. 248 DI CONVERSIONE DEL D.L. 4 LUGLIO 2006, N. 223, RECANTE 'DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE, PER IL CONTENIMENTO DELLA SPESA PUBBLICA, NONCHE' INTERVENTI IN MATERIA DI ENTRATE E CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE'
Testo Con nota n.2524/U/2006 del 17 luglio scorso (all. 1), indirizzata anche ai Ministeri della Giustizia e dello Sviluppo Economico, questo Consiglio Nazionale, associandosi ad una iniziativa del CUP, aveva proposto un emendamento nel quale, in merito alle tariffe veniva stabilito che l’abrogazione della norma relativa all’obbligatorietà di dette tariffe non dovesse concernere quelle che regolano servizi professionali soggetti alle procedure di evidenza pubblica e, particolarmente, quelle sulle prestazioni di ingegneria richiamate dall’art. 90 del D.Lgs. 163/06 (c.d. Codice degli appalti).

Occorre infatti distinguere, a parere di questo CNI, il settore dei contratti pubblici dal settore privato. E ciò in ragione di alcuni argomenti che inducono a ritenere non operante in materia di contratti pubblici l’abrogazione dell’art.92 del citato D.Lgs. 163/06 sulla base dell’art. 2 della Legge 248/06 (che di seguito sarà chiamato decreto Bersani)

In effetti il Codice degli appalti rinvia ad apposito decreto interministeriale la determinazione dei corrispettivi minimi per alcune attività tipiche della professione di ingegnere, statuendo il carattere inderogabile di tali corrispettivi e prevedendo la nullità di un eventuale patto contrario.

Nelle more dell’emanazione di tale decreto deve, quindi, trovare applicazione il precedente decreto emanato in base all’art. 17 della Legge 109/94.

Infatti, l’art. 253 comma 17 del Codice degli appalti stabilisce che, fino alla ridefinizione delle tabelle dei corrispettivi prevista dall’art. 92 del D.Lgs. 163/06 "continua ad applicarsi quanto previsto nel decreto del Ministro della Giustizia del 4 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.96 del 26 aprile 2001".

L’interpretazione qui sostenuta è confermata dagli argomenti di seguito specificati:

a) In primo luogo, vale richiamare il tenore dell’art. 255 del d.lgs 163/06, che prevede la c.d."clausola di resistenza".

In base a tale disposizione ogni intervento normativo incidente sul Codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, "va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute."

La disposizione, che riproduce la norma di tenore analogo prevista dall’art. 1 comma 4 della l. 109/94, implica la possibilità di incidere su una delle materie disciplinate dal Codice soltanto attraverso l’introduzione di un’esplicita previsione normativa.

Al riguardo, in prima istanza, sembra porsi la questione relativa all’omesso riferimento, nel testo dell’art. 255, all’abrogazione quale modalità di intervento normativo incidente sul Codice. Ma, a meno di volere giungere a conclusioni illogiche, sembra da accogliere la tesi in base alla quale anche l’abrogazione delle disposizioni contenute nel Codice, seppure non espressamente richiamata, sarebbe sottoposta alla predetta clausola di resistenza. Del resto l’abrogazione di una o più disposizioni del d.lgs. 163/2006 configurerebbe un intervento ancor più radicale rispetto a quelli espressamente citati (modifica, integrazione, deroga o sospensione).

Tale orientamento sembra trovare un avallo nella relazione di accompagnamento al d.lgs. 163/2006, che, nella parte che riguarda l’art. 255, inquadra il medesimo tra le disposizioni meramente riproduttive dell’art. 1 comma 4 della l. 109/1994, in cui, invece, l’abrogazione era espressamente contemplata.

Tale circostanza sembra consentire di interpretare l’omesso riferimento all’abrogazione, nell’ambito della disposizione dell’art. 255, quale semplice dimenticanza, inidonea a mutare l’effettiva portata della clausola di resistenza nella nuova norma rispetto a quella previgente.

Semmai il problema si pone su altro piano. Occorre rilevare, infatti, come la dottrina costituzionalistica abbia sempre dubitato della reale portata delle disposizioni legislative che considerano la sola abrogazione espressa quale meccanismo di intervento su una determinata disciplina normativa preesistente. La dottrina maggioritaria ritiene, infatti, che solo una fonte normativa superiore possa restringere o allargare la forza delle leggi nella prospettiva della loro successione nel tempo. Pertanto, la clausola "di sola abrogazione espressa" si configurerebbe, al massimo, come un invito all’autolimitazione rivolto al futuro legislatore, magari allo scopo di preservare l’organicità e la coerenza di un determinato testo legislativo (si pensi, appunto, al caso dei Codici o dei Testi unici). Tuttavia, pur riconoscendo che ogni legge in ogni tempo può derogare o sovrapporsi con effetto abrogativo alle norme delle leggi preesistenti, si può ritenere che la riserva di sola abrogazione espressa rivesta, comunque, nei casi dubbi, una valenza interpretativa in favore della sopravvivenza della norma cui si rivolge.

b) Ad ogni modo, la non riconducibilità delle disposizioni del Codice degli appalti nell’ambito di applicazione dell’art. 2 del decreto Bersani sembra possa essere dimostrata anche in base a due ordini di considerazioni, espressione dell’applicazione del criterio di specialità nella successione di leggi nel tempo.

Da un lato, infatti, il d.lgs. 163/06 configura un autonomo nucleo organico di norme, un "micro-sistema" utilizzato dal legislatore per disciplinare un vasto assetto di interessi e che deve essere valutato in ragione della propria logica settoriale.

Ciò indurrebbe a ritenere che norme generali, quali l’art. 2 del decreto Bersani, non siano in grado di incidere sulla disposizione speciale, seppure anteriore.

Dall’altro lato, l’intervento legislativo volto a incentivare il rilancio economico e la concorrenza nel settore delle prestazioni professionali - caratterizzato per la sua generalità - è intervenuto ridefinendo il sistema di regole relativo alle tariffe professionali rivolgendosi ad un assetto di interessi in parte diverso da quello, particolare, che il legislatore del Codice degli appalti ha tenuto presente proprio con riguardo alle disposizioni in materia di prestazioni di ingegneria.

In materia di contratti pubblici, infatti, l’obbligo di ricorrere a procedure di evidenza pubblica, nonché il fondamentale ruolo della progettazione e dei servizi affini nell’ambito del processo di realizzazione di un’opera pubblica, inducono a ritenere che il sistema dei "corrispettivi" minimi - e non delle tariffe (ma sul punto vedi infra) - costituisca un complesso normativo speciale, in quanto tale sottratto agli effetti dell’abrogazione disposta dall’art. 2 del decreto Bersani.

c) La non incidenza dell’abrogazione delle norme sull’obbligatorietà di tariffe minime rispetto alle previsioni del Codice degli appalti sembra potersi trarre anche dall’interpretazione letterale dell’art. 2 comma 1 lett. a) del decreto Bersani.

Infatti, tale disposizione ha abrogato le norme di legge e di regolamento contenenti l’obbligatorietà di "tariffe" fisse o minime.

L’art. 92 del d.lgs 163/06, invece, rinvia ad un decreto interministeriale l’individuazione dei "corrispettivi" minimi che devono essere stabiliti per alcune tipologie di attività rispetto ai quali le tariffe rappresentano meri parametri di riferimento, come è dato evincere dal comma 2 del citato articolo, in base al quale tali "corrispettivi" vengono stabiliti "tenendo conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate".

Tale disposizione non fa altro che confermare la differenza tra "tariffe" e "corrispettivi", differenza che consente di definire l’ambito di applicazione del decreto Bersani in cui non sembra possano essere ricondotte le disposizioni del Codice degli appalti in materia di "corrispettivi" per le attività tecniche contemplate dall’art. 92.

Peraltro, tale opzione ermeneutica sembra confermata dalla legge di conversione del decreto che ha aggiunto al comma 2 dell’articolo 2 il seguente periodo: "nelle procedure ad evidenza pubblica le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali".

Tale norma, infatti, qualificando le tariffe come meri criteri per la determinazione dei "corrispettivi" riafferma la differenza tra questi e quelle, confermando al tempo stesso l’interpretazione qui proposta.

Tale disposizione, comunque, non è ridotta al rango di mero criterio interpretativo in quanto essa ha una sua autonoma portata in relazione alle prestazioni professionali di ingegneria diverse da quelle indicate nell’art. 90 del d. lgs. 163/06, ovvero affidate da soggetti aggiudicatori diversi da quelli tenuti all’applicazione degli artt. 90 e ss. d. lgs. 163/06.

d) Infine, ad ulteriore conferma dell’interpretazione in base alla quale l’abrogazione delle norme contenenti l’obbligatorietà di tariffe minime non incide sul Codice degli appalti, si sottolineano alcuni argomenti di carattere sostanziale.

Infatti, le disposizioni in tema di affidamento dei servizi di ingegneria contemplati dall’articolo 90, impongono lo svolgimento di procedure concorsuali in cui il corrispettivo posto a base di gara è, proprio per l’intrinseca natura di una procedura di gara, sottoposto a ribasso, anche laddove venisse utilizzato il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Di conseguenza, lasciare alle stazioni appaltanti la possibilità di scendere al di sotto di "corrispettivi" minimi comporterebbe come conseguenza un’eccessiva riduzione dei compensi per le prestazioni professionali di ingegneria.

Ciò avrebbe come ulteriore conseguenza la violazione dei parametri - rappresentati, per un verso, dal decoro della professione e, per altro verso, dall’importanza dell’opera - cui la misura del compenso professionale deve comunque essere riferita, nonché l’inevitabile peggioramento della qualità delle prestazioni di ingegneria che hanno un’importanza vitale nella realizzazione delle opere pubbliche.

Infatti, il decreto non ha assolutamente inciso sulla portata applicativa dell’art. 2233 C.C. in base alla quale la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Si consideri che la sanzione di nullità per i patti posti in deroga ai corrispettivi professionali minimi, fissati dal decreto interministeriale previsto dall’art. 92 del d.lgs. 163/06 è espressione di una precisa valutazione del legislatore in ordine alla rilevanza pubblicistica degli interessi sottesi alla misura dei compensi per le attività professionali funzionali alla realizzazione di opere pubbliche.

Le considerazioni sopra svolte sembrano - a nostro avviso - tali da ritenere che la riforma, introdotta con il decreto Bersani, abbia determinato, con riguardo ai servizi professionali di ingegneria, il seguente nuovo assetto normativo:

1) i "corrispettivi" delle prestazioni di ingegneria, richiamate nell’art. 90 del d.lgs. 163/06, non possono essere posti in deroga ai "corrispettivi minimi", atteso il carattere speciale della disciplina in materia di contratti pubblici, in quanto tale sottratta all’abrogazione in forza del decreto Bersani;

2) i contratti stipulati con "corrispettivi" inferiori ai minimi sono affetti da nullità, che ha carattere parziale ed è sottoposta al meccanismo della sostituzione automatica delle clausole nulle. Di conseguenza, il patto posto in deroga verrebbe sostituito dal corrispondete corrispettivo minimo previsto dalla tabella;

4) attualmente continua a trovare applicazione la tabella prevista dal d.m. 4 aprile 2001;

5) le stazioni appaltanti, chiamate ad affidare gli incarichi di ingegneria contemplati dall’art. 90 del d.lgs. 163/06, dovranno porre a base della procedura per l’affidamento i corrispettivi individuati dalla tabella di cui sopra, con l’avvertenza che il corrispettivo risultante dall’eventuale ribasso non dovrà essere inferiore ai minimi, salvo il disposto dell’art. 4, comma 12bis della legge 26 Aprile 1989, n. 155 che consente, per i soggetti aggiudicatori in esso indicati, il ribasso del 20 per cento rispetto ai minimi;

6) le stazioni appaltanti per le prestazioni professionali diverse da quelle indicate dal citato articolo 90, ed i soggetti aggiudicatori non tenuti all’applicazione degli artt. 90 e ss. applicheranno l’art. 2 comma 2 del decreto Bersani e, quindi, potranno utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali, e non saranno tenute all’applicazione dei corrispettivi minimi di cui al citato decreto interministeriale, né ad esse risulterà applicabile la sanzione della nullità;

7) nell’ambito individuato nel precedente punto 6, però, non si può escludere che i professionisti siano sottoposti all’obbligo, sanzionabile in sede disciplinare, di individuare la misura del compenso in modo che essa risulti adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione, secondo l’art. 2233 del Codice Civile.

Infine va rilevato, sotto un altro aspetto, che questo CNI, insieme al Consiglio Nazionale degli Architetti, con nota del 24 luglio scorso (all. 2), fece presente con argomentazioni precise e puntuali, che l’Unione Europea, contrariamente a quanto dichiarato in Parlamento, non ha adottato alcuna "raccomandazione" che possa comunque giustificare l’abrogazione delle tariffe minime inderogabili fissate per le attività degli ingegneri e degli architetti.

Tutto ciò considerato, questo CNI ritiene che sarebbe sommamente auspicabile un intervento di codesto Ministero inteso a chiarire, a tutti gli Enti vigilati, l’effettiva portata della normativa vigente nella materia, sottolineando il carattere "speciale" della disciplina in materia di contratti pubblici la quale, per le considerazioni sopra svolte, deve ritenersi sottratta all’abrogazione prevista dal decreto Bersani.

Una apposita Circolare ministeriale in merito potrebbe fare piena luce sulla normativa di cui trattasi e sarebbe bene accolta da parte di tutti gli operatori, tecnici ed amministrativi, quotidianamente chiamati a lavorare nel campo dei pubblici appalti.

Si ringrazia vivamente per gli interventi che la S.V. Onorevole vorrà adottare e si prega di voler accordare un incontro in modo da poter meglio illustrare tutti gli aspetti del problema.

Voglia accogliere, nel contempo, i sensi della più distinta considerazione.
Stampa documento Stampa Invia una e-mail al CNI bancadati@cni-online.it