Stampa documento Stampa Invia una e-mail al CNI bancadati@cni-online.it
Rif. DV09386
Documento 18/09/2006 CIRCOLARE - XVII SESSIONE
Fonte CNI
Tipo Documento CIRCOLARE
Numero 22
Data 18/09/2006
Riferimento Protocollo CNI n. 3118 del 18/09/2006
Note
Allegati
Titolo OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULL'INTERPRETAZIONE DELLA L. 4 AGOSTO 2006, N. 248 DI CONVERSIONE DEL D.L. 4 LUGLIO 2006, N. 223, RECANTE 'DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE, PER IL CONTENIMENTO E LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA, NONCHE' INTERVENTI IN MATERIA DI ENTRATE E CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE'
Testo Sommario

1. Premessa.

2. L'abrogazione delle norme legislative e regolamentari che prevedono con riguardo alle attività libero professionali l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime nel settore degli appalti pubblici...

3. ... nel settore privato.

4. La possibilità di svolgere attività pubblicitaria da parte dei professionisti ed il nuovo compito di controllo sulla trasparenza e sulla veridicità dell'informazione pubblicitaria assegnato agli ordini professionali.

1. Premessa.

La presente circolare ha natura interpretativa ed è finalizzata a fornire indicazioni agli Ordini professionali ed ai loro iscritti in ordine all'interpretazione delle norme del d.l. 4 Luglio 2006, n. 223, come convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, con cui sono state introdotte disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.

In particolare, oggetto della circolare saranno gli effetti concreti dell'abrogazione generalizzata di tutte le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali ed intellettuali, l'obbligatorietà delle tariffe nel settore dei contratti pubblici e nel settore privato.

Inoltre, verranno fornite prime e generali indicazioni sul potere di vigilanza attribuito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 agli ordini in merito alla veridicità ed alla trasparenza del messaggio pubblicitario.

2. L'abrogazione delle norme legislative e regolamentari che prevedono con riguardo alle attività libero professionali l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime nel settore degli appalti pubblici e nel settore privato.

Una prima questione che la presente circolare intende chiarire riguarda l'effettiva portata della norma con cui sono state abrogate, in via generalizzata, tutte le disposizioni legislative e regolamentari recanti l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime.

In particolare, si ritiene necessario distinguere il settore dei contratti pubblici dal settore privato. Ciò in ragione di alcuni argomenti che - a nostro parere - inducono a ritenere non operante in materia di contratti pubblici l'abrogazione dell'art. 92 del d.lgs. 163/06.

In sostanza, in base alla disposizione appena citata, il Codice degli appalti rinvia ad un apposito regolamento ministeriale la determinazione dei corrispettivi minimi per alcune attività tipiche della professione di ingegnere1, statuendo il carattere inderogabile di tali corrispettivi e prevedendo la nullità dell'eventuale patto contrario2.

Nelle more dell'emanazione del decreto previsto dal citato art. 92 trova applicazione l'analogo decreto emanato in base all'art. 17 della L. 109/94.

Infatti, l'art. 253 comma 17 del d.lgs. n. 163/06 stabilisce che, fino alla ridefinizione delle tabelle dei corrispettivi prevista dall'art. 92 del d.lgs. 163/06, "continua ad applicarsi quanto previsto nel decreto del Ministro della Giustizia del 4 Aprile 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 Aprile 2001"

L'interpretazione qui sostenuta, in base alla quale l'art. 2 comma 1 let. a) del decreto Bersani (con cui è disposta l'abrogazione di tutte le disposizioni di legge e di regolamento che prevedono l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime) non incide sul d.lgs. 163/06, noto come Codice dei Contratti dei contratti pubblici, è confermata dagli argomento di seguito specificati.

a) In primo luogo, vale richiamare il tenore dell'art. 255 del d.lgs 163/06, che prevede la c.d."clausola di resistenza".

In base a tale disposizione ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, andrebbe attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute.

La disposizione, che riproduce la norma di tenore analogo prevista dall'art. 1 comma 4 della l. 109/94, implica la possibilità incidere su una delle materie disciplinate dal codice soltanto attraverso l'introduzione di un'esplicita previsione normativa.

Al riguardo, in primo luogo, sembra porsi la questione relativa all'omesso riferimento, nel testo dell'art. 255, all'abrogazione quale modalità di intervento normativo incidente sul codice. Ma, a meno di volere giungere a conclusioni illogiche, sembra da accogliere la tesi in base alla quale anche l'abrogazione delle disposizioni contenute nel codice, seppure non espressamente richiamata, sarebbe sottoposta alla predetta clausola di resistenza. Del resto l'abrogazione di una o più disposizioni del d.lgs. 163/2006 configurerebbe un intervento ancor più radicale rispetto a quelli espressamente citati (modifica, integrazione, deroga o sospensione).

Tale orientamento sembra trovare un avallo nella relazione di accompagnamento al d.lgs. 163/2006, che, nella parte che riguarda l'art. 255, inquadra il medesimo tra le disposizioni meramente riproduttive dell'art. 1 comma 4 della l. 109/1994, in cui, invece, l'abrogazione era espressamente contemplata.

Tale circostanza sembra consentire di interpretare l'omesso riferimento all'abrogazione, nell'ambito della disposizione dell'art. 255, quale semplice dimenticanza, inidonea a mutare l'effettiva portata della clausola di resistenza nella nuova norma rispetto a quella previgente.

Semmai il problema si pone su altro piano. Occorre rilevare, infatti, come la dottrina costituzionalistica abbia sempre dubitato della reale portata delle disposizioni legislative che considerano la sola abrogazione espressa quale meccanismo di intervento su una determinata disciplina normativa preesistente. La dottrina maggioritaria ritiene, infatti, che solo una fonte normativa superiore possa restringere o allargare la forza delle leggi nella prospettiva della loro successione nel tempo3. Pertanto, la clausola "di sola abrogazione espressa" si configurerebbe, al massimo, come un invito all'autolimitazione rivolto al futuro legislatore, magari allo scopo di preservare l'organicità e la coerenza di un determinato testo legislativo (si pensi, appunto, al caso dei Codici o dei Testi unici). Tuttavia, pur riconoscendo che ogni legge in ogni tempo può derogare o sovrapporsi con effetto abrogativo alle norme delle leggi preesistenti, si può ritenere che la riserva di sola abrogazione espressa rivesta, comunque, nei casi dubbi, una valenza interpretativa in favore della sopravvivenza della norma cui si rivolge.

b) Ad ogni modo, la non riconducibilità delle disposizioni del codice degli appalti nell'ambito di applicazione dell'art. 2 del decreto "Bersani" sembra possa essere dimostrata anche in base a due ordini di considerazioni, espressione dell'applicazione del criterio di specialità nella successione di leggi nel tempo.

Da un lato, infatti, il d.lgs. 163/06 configura un autonomo nucleo organico di norme, un "micro-sistema" utilizzato dal legislatore per disciplinare un vasto assetto di interessi e che deve essere valutato in ragione della propria logica settoriale.

Ciò indurrebbe a ritenere che norme generali, quali l'art. 2, non siano in grado di incidere sulla disposizione speciale, seppure anteriore.

Dall'altro lato, l'intervento legislativo volto a incentivare il rilancio economico e la concorrenza nel settore delle prestazioni professionali - caratterizzato per la sua generalità - è intervenuto ridefinendo il sistema di regole relativo alle tariffe professionali rivolgendosi ad un assetto di interessi in parte diverso da quello, particolare, che il legislatore del codice degli appalti ha tenuto presente proprio con riguardo alle disposizioni in materia di prestazioni di ingegneria.

In materia di contratti pubblici, infatti, l'obbligo di ricorrere a procedure di evidenza pubblica, nonché il fondamentale ruolo della progettazione e dei servizi affini nell'ambito del processo di realizzazione di un'opera pubblica, inducono a ritenere che il sistema dei corrispettivi minimi - e non delle tariffe (ma sul punto vedi infra) - costituisca un complesso normativo speciale, in quanto tale sottratto agli effetti dell'abrogazione disposta dall'art. 2 del d.l. 223/06.

c) La non incidenza dell'abrogazione delle norme sull'obbligatorietà di tariffe minime rispetto alle previsioni del codice degli appalti sembra potersi trarre anche dall'interpretazione letterale dell'art. 2 comma 1 let. a) del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, come convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248.

Infatti, tale disposizione ha abrogato le norme di legge e di regolamento contenenti l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime.

L'art. 92 del d.lgs 163/06, invece, rinvia ad un regolamento ministeriale l'individuazione dei corrispettivi minimi che devono essere stabiliti per alcune tipologie di attività rispetto ai quali le tariffe rappresentano meri parametri di riferimento, come è dato evincere dal comma 2 del citato articolo, in base al quale tali corrispettivi vengono stabiliti "tenendo conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate".

Tale disposizione non fa altro che confermare la differenza tra tariffe e corrispettivi, differenza che consente di definire l'ambito di applicazione del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, in cui non sembra possano essere ricondotte le disposizioni del codice degli appalti in materia di corrispettivi per le attività tecniche contemplate dall'art. 92.

Peraltro, tale opzione ermeneutica sembra confermata dalla legge di conversione al decreto che ha aggiunto al comma 2 dell'articolo 2 il seguente periodo: "nelle procedure ad evidenza pubblica le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali".

Tale norma, infatti, qualificando le tariffe come meri criteri per la determinazione dei corrispettivi riafferma la differenza tra queste e quelle, confermando al tempo stesso l'interpretazione qui proposta.

Tale disposizione, comunque, non è ridotta al rango di mero criterio interpretativo in quanto essa ha una sua autonoma portata in relazione alle prestazioni professionali di ingegneria diverse da quelle indicate nell'art. 90 del d. lgs. 163/06, ovvero affidate da soggetti aggiudicatori diversi da quelli tenuti all'applicazione degli artt. 90 e ss. d. lgs. 163/06.

d) Infine, ad ulteriore conferma dell'interpretazione in base alla quale l'abrogazione delle norme contenenti l'obbligatorietà di tariffe minime non incide sul codice degli appalti, si sottolineano alcuni argomenti di carattere sostanziale.

Infatti, le disposizioni in tema di affidamento dei servizi di ingegneria contemplati dall'articolo 90, impongono lo svolgimento di procedure concorsuali in cui il corrispettivo posto a base di gara è, proprio per l'intrinseca natura di una procedura di gara, sottoposto a ribasso, anche laddove venisse utilizzato il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Di conseguenza, lasciare alle stazioni appaltanti la possibilità di scendere al di sotto di corrispettivi minimi comporterebbe come conseguenza un'eccessiva riduzione dei compensi per le prestazioni professionali di ingegneria.

Ciò avrebbe come ulteriore conseguenza la violazione dei parametri - rappresentati, per un verso, dal decoro della professione e, per altro verso, dall'importanza dell'opera - cui la misura del compenso professionale deve comunque essere riferita, nonché l'inevitabile peggioramento della qualità delle prestazioni di ingegneria che hanno un'importanza vitale nella realizzazione delle opere pubbliche.

Infatti, il decreto non ha assolutamente inciso sulla portata applicativa dell'art. 2233 c.c. in base alla quale la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.

Si consideri che la sanzione di nullità per i patti posti in deroga ai corrispettivi professionali minimi, stabiliti dal d.m. previsto dall'art. 90 del d.lgs. 163/06 è espressione di una precisa valutazione del legislatore in ordine alla rilevanza pubblicistica degli interessi sottesi alla misura dei compensi per le attività professionali funzionali alla realizzazione di opere pubbliche.

Le considerazioni sopra svolte sembrano - a nostro avviso - tali da ritenere che la riforma, introdotta con il decreto "Bersani", abbia determinato, con riguardo ai servizi professionali di ingegneria, il seguente nuovo assetto normativo:

1) i corrispettivi delle prestazioni di ingegneria, richiamate nell'art. 90 del d.lgs. 163/06, non possono essere posti in deroga ai corrispettivi minimi, atteso il carattere speciale della disciplina in materia di contratti pubblici, in quanto tale sottratta all'abrogazione in forza del decreto "Bersani";

2) i contratti stipulati con corrispettivi inferiori ai minimi sono affetti da nullità, che ha carattere parziale ed è sottoposta al meccanismo della sostituzione automatica delle clausole nulle. Di conseguenza, il patto posto in deroga verrebbe sostituito dal corrispondete corrispettivo minimo previsto dalla tabella;

4) attualmente continua a trovare applicazione la tabella prevista dal d.m. 4 aprile 2001;

5) le stazioni appaltanti, chiamate ad affidare gli incarichi di ingegneria contemplati dall'art. 90 del d.lgs. 163/06, dovranno porre a base della procedura per l'affidamento i corrispettivi individuati dalla tabella di cui sopra, con l'avvertenza che il corrispettivo risultante dall'eventuale ribasso non dovrà essere inferiore ai minimi, salvo il disposto dell'art. 4, comma 12bis della legge 26 Aprile 1989, n. 155 che consente, per i soggetti aggiudicatori in esso indicati, il ribasso del 20 per cento rispetto ai minimi;

6) le stazioni appaltanti per le prestazioni professionali diverse da quelle indicate dal citato articolo 90, ed i soggetti aggiudicatori non tenuti all'applicazione degli artt. 90 e ss. applicheranno l'art. 2 comma 2 del d. l. 223/06 e, quindi, potranno utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali, e non saranno tenute all'applicazione dei corrispettivi minimi di cui al citato d.m., né ad esse risulterà applicabile la sanzione della nullità;

7) nell'ambito individuato nel precedente punto 6, però, non si può escludere che i professionisti siano sottoposti all'obbligo, sanzionabile in sede disciplinare, di individuare la misura del compenso in modo che essa risulti adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.

3. ... nel settore privato.

Tali considerazioni, valide per il settore degli appalti pubblici, non trovano invece riscontro nel settore privato.

Infatti, l'abrogazione disposta dall'art. 2 comma 1 let. a) del decreto legge n. 223/2006, come modificato dalla legge di conversione spiega sicura efficacia in relazione disposizione dell'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340 che ha aggiunto un comma all'articolo unico della legge n. 143/1958, secondo cui "i minimi di tariffa per gli onorari a vacazione, a percentuale ed a quantità, fissati falla legge 2 marzo 1949, n 143, o stabiliti secondo il disposto della presente legge, sono inderogabili. L'inderogabilità non si applica agli onorari a discrezione per le prestazioni di cui all'articolo 5 del testo unico approvato con la citata legge 2 marzo 1949, n. 143".

In particolare, deve intendersi abrogato l'articolo unico della legge 143/1958 nella parte in cui, modificato dalla legge 340/1976, aveva sancito l'inderogabilità dei minimi tariffari.

A ben riflettere, con riguardo alle prestazioni professionali di ingegneria nel settore privato, l'abrogazione introdotta con il decreto "Bersani" non sembra avere un impatto dirompente.

Ciò in quanto la norma che statuiva il principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari non era presidiata da una sanzione espressa di nullità per i patti negoziali posti in deroga.

Opzione ermeneutica questa, ormai consolidata nelle pronunce della Corte di Cassazione, secondo la quale non è affetto da nullità il patto in deroga ai minimi inderogabili di tariffe professionali, essendo questi stabiliti nell'interesse delle categorie professionali, interesse che può essere tutelato adeguatamente in sede disciplinare.

La norma che prevedeva l'inderogabilità dei minimi tariffari nel settore privato, infatti, non era posta nell'interesse generale della collettività, il solo idoneo giustificare l'imperatività del precetto ed a rendere eventualmente nulli i patti ad esso contrari, bensì era posta nell'interesse della categoria professionale.

Tale giudizio è stato, invece, differente, da parte del legislatore, in materia di prestazioni professionali di ingegneria rese nei confronti di soggetti aggiudicatori per la realizzazione di opere pubbliche. In questo settore, infatti, come precisato, la rilevanza di interessi generali, connessi alla realizzazione di opere pubbliche, ha indotto il legislatore a comminare la sanzione della nullità per i patti posti in deroga alle tariffe professionali.

Da ciò scaturisce che, nel settore privato, l'obbligatorietà dei minimi tariffari non trova più applicazione, con la conseguenza che non potranno più essere sanzionati, quali violazioni delle norme deontologiche, i patti negoziali posti in deroga ai minimi tariffari.

La determinazione dei compensi professionali nel settore privato sarà, pertanto, integralmente rimessa alle libere pattuizioni tra privati e potrà anche discostarsi dalle tariffe professionali, che assolveranno ad una funzione meramente sussidiaria rispetto al generale potere di stabilire liberamente il compenso di cui all'art. 2233 c.c.

Tuttavia, particolare attenzione si richiede agli ordini professionali nell'ambito dell'esercizio dei poteri disciplinari in quanto, se è vero che il decreto "Bersani", con riguardo alle prestazioni rese dagli ingegneri, ha sottratto alla potestà disciplinare i professionisti che, nell'esercizio della professione, pongano in essere patti in deroga ai minimi tariffari, è altrettanto vero che non risulta abrogata la disposizione del secondo comma dell'art. 2233 c.c. in base alla quale "in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione".

Di conseguenza, il professionista potrà pattuire compensi professionali in deroga ai minimi stabiliti dalle tariffe professionali, ma non potrà, comunque, pattuire compensi di entità tale da menomare il decoro della professione e, dunque, tali da violare il disposto del secondo comma dell'art. 2233 c.c.

Sotto questo profilo, l'attività di verifica del rispetto delle regole deontologiche da parte degli ordini professionali acquista una maggiore importanza, trattandosi adesso di verificare in concreto la proporzione tra attività posta in essere e compenso pattuito al fine di scrutinarne la compatibilità con il nuovo sistema di regole deontologiche.

Sotto tale profilo, una prima indicazione operativa consiste nella possibilità per gli ordini professionali di utilizzare i minimi tariffari quali indici sintomatici. In sostanza, la pattuizione di compensi in deroga ai minimi, laddove questi erano stati normativamente considerati inderogabili, rappresenterebbe l'indizio di una prestazione posta in violazione della regola codicistica che impone il rispetto del decoro della professione, rispetto alla quale, il professionista, chiamato in sede disciplinare dovrebbe fornire la prova contraria.

*****

In conclusione, dunque, gli effetti prodotti dall'abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ha determinato il seguente nuovo assetto normativo:

1) le parti possono pattuire compensi professionali in deroga ai minimi stabiliti dalle tariffe professionali, ma sono tenute al rispetto del principio in base al quale il compenso deve essere adeguato all'importanza dell'opera e al decoro della professione;

2) in caso di mancanza di convenzione pattizia sul compenso questo può essere determinato in base alle tariffe professionali o dagli usi e, se non può essere in tal modo determinato, esso sarà stabilito dal giudice, sentito il parere dell'associazione professionali a cui il professionista appartiene;

3) il compenso, comunque, deve essere di misura tale da risultare adeguato all'importanza dell'opera e al decoro della professione;

4) il compenso fissato in spregio ai criteri dettati dall'articolo 2233 c.c., richiamati al precedente punto, può assumere rilevanza in sede disciplinare, sia pure con valenza meramente indiziaria.

4. La possibilità di svolgere attività pubblicitaria da parte dei professionisti ed il nuovo compito di controllo sulla trasparenza e sulla veridicità dell'informazione pubblicitaria assegnato agli ordini professionali.

Altra importante novità è l'introduzione da parte del decreto "Bersani" della possibilità per i professionisti di svolgere attività pubblicitaria.

L'art. 2 comma 1 lett. b), infatti, abroga le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali, il divieto anche parziale di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni; la pubblicità dovrà rispondere, dunque, a criteri di trasparenza e veridicità del messaggio, il cui rispetto sarà verificato dall'ordine, mentre sono individuati con precisione gli elementi dell'attività professionale che possono essere reclamizzati all'esterno.

Una prima notazione riguarda la tipologia di attività pubblicitaria che il professionista può porre in essere: si tratta, infatti, di pubblicità informativa; quindi, finalizzata a comunicare all'esterno i titoli e le specializzazioni professionali le caratteristiche del servizio offerto, il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni. Devono, di conseguenza, ritenersi esclusi i messaggi pubblicitari volti a richiamare l'attenzione su elementi marginali o addirittura diversi su quelli richiamati dalla norma.

È chiara la ratio ispiratrice della norma, finalizzata ad attribuire alla pubblicità il ruolo di elemento propulsivo della concorrenza.

Soltanto rendendo noti i corrispettivi ai quali i professionisti si impegnano a rendere la propria opera professionale, infatti, è possibile dare portata pratica alla abrogazione delle norme che prevedevano l'obbligatorietà dei minimi tariffari.

È evidente che l'attività pubblicitaria posta in essere dovrà essere veritiera e trasparente.

Si apre dunque, un altro fronte per gli ordini professionali che acquistano un importanza fondamentale, con il nuovo assetto normativo, proprio in ragione dell'attribuzione ad essi del compito, qualificabile quale munus publico, di vigilare sulla vedicità sulla trasparenza e, verosimilmente, anche sulla decorosità dell'attività pubblicitaria.

Distinti saluti.

IL CONSIGLIERE SEGRETARIO, (dott.ing. Renato Buscaglia)
IL PRESIDENTE, (dott.ing. Ferdinando Luminoso)


note

1 Tali attività, indicate - sembrerebbe in modo tassativo - dal comma 1 dell'art. 90 del d.lgs. 163/06, sono quelle relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva di lavori, nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo, alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale dei lavori pubblici.

2 In base a tale disposizione "il Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, determina, con proprio decreto, le tabelle dei corrispettivi delle attività (che possono essere espletate dai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 90), tenendo conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate. I corrispettivi sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo. I corrispettivi delle attività di progettazione sono calcolati, ai fini della determinazione dell'importo da porre a base dell'affidamento, applicando le aliquote che il decreto di cui al comma 2 stabilisce".

La norma, poi, individua le modalità concrete di determinazione dei corrispettivi con riguardo alle varie tipologie di attività.

In base al comma 4 dell'art. 92, inoltre, "i corrispettivi determinati ai sensi del comma 3, fatto salvo quanto previsto dal comma 12-bis dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155, sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo".

3 In proposito, A. Ruggeri, Fonti, norme, criteri ordinatori. Lezioni, Torino 2005, 62 ss.; in senso opposto, P. Carnevale, Riflessioni sul problema dei vincoli all'abrogazione futura: il caso delle leggi concernenti clausole"di sola abrogazione espressa" nella più recente prassi legislativa, in Dir.soc., 1998 407 ss.
Stampa documento Stampa Invia una e-mail al CNI bancadati@cni-online.it