Testo
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Con riferimento alla richiesta di parere del 10 marzo 2000, prot. 2088/U-SP/00, si chiarisce quanto segue.
La disposizione di cui all'art. 16 della legge indicata in oggetto, si applica al professionista, cittadino di uno Stato membro dell'U.E., che svolge la sua attività interamente o principalmente in Italia.
La nozione di domicilio professionale è definita, all'art. 43 del Codice Civile italiano, quale "sede principale dei suoi (professionista) affari e interessi".
A norma dell'art. 43 (ex art. 52)del Trattato U.E., il diritto di stabilimento implica la facoltà di creare e di conservare, salve restando le norme professionali, più di un centro di attività nel territorio dell'U.E.. La Corte di giustizia delle Comunità europee precisa questo principio nella causa C-55/94, affermando che "nel caso dei liberi professionisti (la possibilità di stabilirsi in più di uno stato membro) può (avvenire) mediante la creazione di un secondo domicilio professionale".
Ma "l'esistenza di un secondo domicilio professionale in un'altro Stato membro non impedisce l'applicazione delle norme di deontologia dello stato" (C-107/83)dato che "il centro di attività" è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile" (C-167/95).
Tutto ciò premesso, il domicilio professionale, è individuabile con la verifica dell'esercizio effettivo e continuativo dell'attività da parte del professionista con riferimento, anche al reddito derivante dalla professione stessa.
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