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Rif. SZ08194
Documento 11/03/2003 SENTENZA
Fonte TAR LAZIO
Tipo Documento SENTENZA
Numero 1791
Data 11/03/2003
Riferimento
Note INTERO TESTO
Allegati
Titolo DPR 05/06/2001 N. 328 - ORDINAMENTO PROFESSIONALE - RICORSO DEL CNI - SALVAGUARDIA DELLE PRECEDENTI COMPETENZE PROFESSIONALI - RIGETTO
Testo FATTO

Vengono impugnati in questa sede sia il d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, che reca modifiche all'ordinamento di alcune professioni liberali e all'esame di abilitazione per l'esercizio delle stesse, sia (con motivi aggiunti) l'ordinanza ministeriale che indice la sessione di esami di abilitazione per l'anno 2002, ovviamente nella parte che si riferisce agli ingegneri.
Contro il primo provvedimento vengono proposti i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione dell'art. 1, comma 18, della legge n. 4 del 1999, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e delle regole sul giusto procedimento, nonché difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e confusione; per non essere stati sentiti i consigli nazionali degli ordini interessati e per essere il provvedimento totalmente scoordinato, redatto in modo non collegiale;

2) Violazione e falsa applicazione della legge 14 gennaio n. 4, della legge n. 127 del 1997, del decreto ministeriale n. 509 del 1999, del r.d. n. 24537 del 1925, nonché eccesso di delega, difetto di motivazione e di istruttoria, confusione e perplessità, oltre che violazione degli artt. 33 e 34 Cost.; e ciò in quanto il provvedimento, contraddittoriamente con se stesso, non garantisce la competenza attribuita agli iscritti all'ordine dalla normativa previgente, essendo ciò ostacolato dall'esistenza nelle sezioni di diverse classi di abilitazione e dal fatto che alcune competenze tipiche degli ingegneri sembrano essere state trasferite agli architetti "pianificatori territoriali" ed altre ai geologi (in campo geotecnico), presenta il grave "handicap" del termine "junior", poco perspicuo, degli iscritti alla sezione B dell'Albo, non determina una chiara contiguità fra gli iscritti alla sezione A e gli iscritti alla sezione B, dà luogo a confusioni fra i percorsi formativi universitari e le varie classi di iscrizione, è incoerente in ordine alla rappresentatività e alla disciplina, presenta sfalsamenti con l'ordine degli studi universitari.
Con motivi aggiunti viene, poi, dedotto il seguente motivo di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione della legge costituzionale n. 3 del 2001, degli artt. 114 e segg. Cost., della legge n. 59 del 1997, nonché eccesso di delega, oltre che illegittimità costituzionale della legge n. 4 del 1999 per violazione degli artt. 114 e segg. Cost.; in quanto nella materia esiste una potestà concorrente delle regioni con lo Stato e quest'ultimo è attributario soltanto di legiferare in ordine ai principi generali della materia.
Dopo l'emanazione dell'ordinanza ministeriale relativa alla sessione di esami di abilitazione, questa viene impugnata con ulteriori motivi aggiunti e considerata viziata sia di illegittimità derivata che per effetto del seguente autonomo vizio, di cui al sottonotato motivo:

1) Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 9 settembre 1997, della legge 8 dicembre 1956, n. 1328 e del d.P.R. n. 328 del 2001, nonché perplessità, difetto dei presupposti e travisamento, per non essere state individuate più commissioni per sede, per essersi ignorata la ripartizione nelle sezioni A e B, per non aver previsto la partecipazione degli ordini professionali e per aver previsto le domande di partecipazione esclusivamente in coerenza con il titolo accademico conseguito.
Le amministrazioni intimate si costituiscono in giudizio e resistono al ricorso, chiedendone la reiezione ed eccependo l'intervenuta partecipazione degli ordini professionali al procedimento normativo, la sostanziale non innovazione delle competenze dei professionisti e la necessità della regolamentazione così come emanata per consentire l'ingresso dei nuovi laureati triennali.
Intervengono "ad opponendum" sia l'Ente di previdenza dei periti industriali, che il Consiglio nazionale dei geologi, il Consiglio nazionale dei geometri e il Consiglio nazionale dei periti industriali, i quali eccepiscono, da un lato, la inammissibilità del ricorso, e, dall'altro, la sua infondatezza nel merito.
Interviene altresì ( sempre "ad opponendum") l'Associazione D.U.E.L. (Diplomati e Diplomandi in Edilizia e Laureati), la quale si oppone all'accoglimento del ricorso.
Emanata sentenza istruttoria n. 7458 del 2002, le amministrazioni resistenti depositano la richiesta documentazione istruttoria.
Il ricorrente presenta una successiva memoria illustrativa, con la quale insiste per l'accoglimento del ricorso e ugualmente presentano memoria in senso opposto, gli interventori.
La causa è spedita in decisione alla pubblica udienza del 18 dicembre 2002.

DIRITTO

Come si è specificato in narrativa, con il presente ricorso viene impugnato sia il d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, ritenuto lesivo delle competenze degli iscritti all'ordine degli ingegneri, che l'ordinanza ministeriale, che indice la sessione di abilitazione per l'anno 2002.
Occorre, pertanto, esaminare separatamente i due ordini di censure, anche se, come si vedrà, alcune censure dirette contro l'ordinanza ministeriale concernono la illegittimità derivata del secondo provvedimento, le quali seguono conseguentemente la sorte delle censure attinenti al primo provvedimento.
Prima di passare all'esame delle censure che riguardano il d.P.R. n. 328, occorre premettere che il suddetto provvedimento normativo si è reso necessario per adeguare il mondo delle professioni liberali al nuovo sistema accademico dei titoli di studio, nuovo sistema che ha introdotto sia le lauree cosiddette "brevi" e sia una serie di percorsi formativi differenziati.
Da ciò la conseguenza che il precedente assetto, basato su un sistema di formazione non più attuale, non poteva non subire delle modificazioni, rese necessarie dagli adeguamenti alla nuova struttura degli studi.
Naturalmente, per il rispetto della certezza del diritto, il che val dire per la salvaguardia delle competenze professionali dei soggetti già facenti parte dell'ordine, occorreva determinare comunque delle regole che non sconvolgessero il precedente assetto, insieme con la possibilità dell'ingresso a pieno titolo delle nuove professionalità. E la vicenda, pur con tutte le necessarie innovazioni, è stata correttamente valutata nell'impugnato decreto presidenziale, laddove, all'art. 1, comma 2, è detto espressamente:
"Le norme contenute nel presente regolamento non modificano l'ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna professione".
Si tratta di una regola di carattere generale che, proprio perché tale, funge da chiave di interpretazione di tutte le norme particolari che si ritrovano nel testo del provvedimento, così che se, come è stato evidenziato dal ricorrente Ordine, in qualcuna di queste norme dovesse essere scorto un dubbio circa il mantenimento delle competenze in capo agli ingegneri iscritti all'albo prima della riforma, questo dubbio va sciolto, sulla base della suddetta regola generale, nel senso che gli stessi possono continuare ad esercitare le medesime competenze già loro riconosciute nel previgente sistema.
Ciò premesso, può passarsi all'esame dei singoli motivi che sostengono il ricorso.
Il primo motivo, che censura il provvedimento impugnato sotto due aspetti, il non essere stati sentiti i consigli nazionali degli ordini interessati e la redazione confusa e scoordinata del testo, è infondato.
Relativamente al primo aspetto, l'infondatezza è in fatto, in quanto dalle premesse del provvedimento risulta chiaramente che gli ordini e i collegi professionali interessati sono stati sentiti, né risulta che tale affermazione sia stata in qualche modo considerata affetta da falsità.
Peraltro, dalla documentazione allegata dall'Amministrazione, risulta che l'Ordine degli ingegneri ha fatto pervenire ben sei documenti di osservazioni (rispettivamente il 24 luglio 2000, il 1 febbraio 2001, il 21 febbraio 2001, il 5 marzo 2001, il 13 marzo2001 e il 21 marzo 2001).
Che, poi, la partecipazione non sia stata ottimale, nel senso che non si è prodotto un vero e proprio contraddittorio, è vicenda estranea alla fattispecie, in quanto occorreva soltanto "sentire" gli ordini interessati e non anche concordare con essi i contenuti del provvedimento.
Con riferimento al secondo aspetto del motivo, il fatto che il provvedimento impugnato sia stato redatto (secondo l'Ordine ricorrente) in modo confuso e scoordinato, senza una piena attività collegiale, è fatto puramente intuitivo, non suffragato da prove di alcun genere.
Peraltro, anche nel caso che le singole parti del provvedimento siano state elaborate da sottocommissioni "ad hoc", in ragione di una loro particolare specializzazione, ciò evidentemente non è sintomo di illegittimità, se poi tali parti sono state assunte e fatte proprie dalla commissione nella sua collegialità. E che ciò sia mancato resta una pura illazione del ricorrente.
Il secondo motivo del ricorso, che si distingue in più censure, è anch'esso infondato.
Per quanto concerne la mancanza di garanzia ai soggetti già iscritti all'ordine antecedentemente alla riforma, si è già detto che ciò non è e si è pure fornita la spiegazione che la presenza della norma generale di salvaguardia di cui all'art. 1, comma 2, del decreto presidenziale, fornisce la chiave interpretativa per superare eventuali dubbi che potessero sorgere nella lettura delle norme di specie.
Il fatto della presenza del termine "junior", al di là della sua mancanza di perspicuità in ordine al significato letterale attribuito al termine, non pare al Collegio significativo né foriero di illegittimità, trattandosi di un mero fatto nominale, mentre ciò che è rilevante è la competenza in campo professionale attribuita ai professionisti iscritti nell'elenco contrassegnato con tale termine, che è sicuramente in sintonia con i percorsi universitari seguiti dagli interessati.
Relativamente, poi, al fatto della mancanza di contiguità fra gli iscritti all'elenco A e gli iscritti all'elenco B, al di là della scarsa intelligibilità della censura, essa non si rinviene, in quanto la differenziazione di competenze fra le due categorie di professionisti appare coerente con il diverso grado di professionalità degli stessi e si enuclea comunque nell'ambito della più generale materia ingegneristica.
Infondato è anche il motivo aggiunto che censura di illegittimità costituzionale la legge n. 4 del 1999, in quanto la materia ricadrebbe nella potestà legislativa concorrente delle regioni, restando attribuita allo Stato soltanto la parte relativa ai principi generali.
E ciò per più motivi: innanzitutto, perché la legge n. 4 del 1999 è antecedente alla riforma costituzionale, poi perché la materia in esame presenta sicuramente aspetti di carattere generale, in considerazione del fatto che trattasi di una riforma generale delle professioni che non può che essere uguale per tutto il territorio nazionale, ed infine perché, quand'anche la materia fosse di competenza delle regioni, occorrerebbe comunque attendere un provvedimento di queste ultime, in attesa del quale non può che valere la normativa statale previgente (la cui scaturigine è del 1999, precedente alla riforma costituzionale).
Anche i motivi che si dirigono contro l'ordinanza ministeriale sono infondati.
Le censure di illegittimità derivata seguono la sorte di quelle attinenti all'impugnazione del d.P.R. n. 328 del 2001.
Le censure che si dirigono autonomamente contro l'ordinanza ministeriale che indice la sessione di abilitazione per il 2002, derivano la loro infondatezza dal fatto che non è necessario prevedere più commissioni per ciascuna sede (ciò è solo consigliabile per motivi di opportunità), che risulta indicata nell'ordinanza e la necessità della dichiarazione del titolo di studio posseduto e del settore per il quale i candidati chiedono di partecipare all'esame di abilitazione, ed infine perché non è necessaria nella specie la partecipazione degli ordini professionali.
Il ricorso è, pertanto infondato "in toto" e va, conseguentemente, rigettato.
Le spes di giudizio possono, però, essere integralmente compensate fra tutte le parti costituite per ragioni di equità.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio

Sezione I

- Rigetta il ricorso indicato in epigrafe;
- Compensa le spese.
- Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2002, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. I, in Camera di consiglio.
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