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Vengono richiesti chiarimenti rispetto alle competenze degli Architetti nella progettazione di impianti elettrici a servizio dell’edilizia civile, anche al fine di replicare alle osservazioni dei professionisti che hanno esibito un parere del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, datato 3 aprile 2024(1).
La nota del CNAPPC, in buona sostanza, richiamando talune pronunce del giudice amministrativo e della Corte di Cassazione(2), afferma la competenza professionale dell’Architetto nella materia impiantistica e in particolare sugli impianti elettrici, sulla base di una interpretazione estensiva della nozione “opere di edilizia civile”, di cui al primo comma dell’art.52 RD 23/10/1925 n.2537.
La conclusione cui giunge la stessa è che “il concetto di opere di edilizia civile si estende sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali di quei locali (bar, ristoranti, discoteche, etc.), fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi gli impianti elettrici compresi nell’edificazione.”.
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Sulla questione si osserva quanto segue.
In primo luogo, in via generale, si rammenta che non spetta al Consiglio Nazionale, bensì al Ministero della Giustizia e al Ministero dell’Università, fornire interpretazioni ufficiali delle competenze professionali ai sensi del DPR 5/06/2001 n.328 (“Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti”).
Il Consiglio Nazionale, pertanto, può soltanto esprimere il proprio parere non vincolante, tramite formule generali, spettando poi all’Amministrazione chiamata ad esaminare il singolo progetto, di volta in volta, procedere ad applicare al caso concreto i principi e le regole generali, tramite una analisi puntuale e non astratta ed aprioristica delle caratteristiche dello specifico intervento.
Fermo restando quanto sopra, alcune considerazioni di massima possono essere formulate.
Riguardo gli impianti in generale, indubbia è la competenza piena dei professionisti Ingegneri, in base all'ampio disposto dell'art.51 RD 23/10/1925 n.2537.
Secondo l’art.51 RD n.2537/1925, come noto, spetta infatti agli Ingegneri “il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.”
A conferma di ciò basti citare la determinazione n. 57/2000 della (ex) Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici , che ha ribadito l'esclusiva competenza degli Ingegneri in tema di impianti tecnologici e relative verifiche (in allegato).
L’Autorità, chiamata a pronunciarsi sulla competenza in tema di strutture complesse e impianti tecnologici, ha decisamente escluso che tali prestazioni rientrino nel campo di intervento degli Architetti. Secondo l’Autorità, infatti, in argomento vi è la “esclusiva competenza degli Ingegneri in materia”, a meno che non si tratti di opere strettamente connesse con singoli fabbricati.
Di conseguenza, anche la privativa professionale in tema di progettazione degli impianti elettrici, senza dubbio, viene riconosciuta appartenere da sempre alla Categoria degli Ingegneri (v., in proposito, i precedenti pareri CNI 24/09/1998, 21/12/2001, 11/11/2002, 14/04/2003 e 9/02/2005, allegati(4) ).
Nella stessa direzione si sono pronunciate plurime decisioni del Giudice amministrativo, esaminando affidamenti di incarichi professionali contesi tra Ingegneri ed Architetti.
Anche la giurisprudenza amministrativa è infatti costante nel riconoscere la competenza piena e, di regola, esclusiva, dell’Ingegnere in tema di impianti.
Partendo dalla storica sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 6/04/1998 n.416(5) (“La tesi del giudice di primo grado, secondo cui la regola discendente dalla interpretazione degli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537/1925 è che ingegneri ed architetti possono fungibilmente essere incaricati dello svolgimento di eguali prestazioni tecnico-professionali individuate con la ampia accezione di opere di edilizia civile e che, di contro, l'art. 51 del richiamato Regio Decreto riserva ai soli ingegneri alcune competenze così come, il successivo art. 52, II comma, riserva ai soli architetti altre attribuzioni, non può essere condivisa. Secondo questa impostazione, la mancata esplicita previsione delle opere idrauliche tra le competenze espressamente riservate agli ingegneri giustificherebbe la possibilità di affidamento delle stesse ad un architetto. Il quadro normativo di riferimento suggerisce una lettura diversa. L'art. 51 del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537 determina la competenza degli ingegneri nella progettazione e conduzione dei lavori per ‘estrarre ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonchè, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo’. In tale formulazione ampia e comprensiva sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie").”)(6).
Secondo il TAR Liguria, n.137/2004, il progetto di un impianto elettrico e a gas relativo ad una unità immobiliare nella quale viene esercitata un’attività commerciale è di competenza dell’Ingegnere, ma non dell’Architetto.
Per il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 21/01/2005 n.9, “La competenza esclusiva degli ingegneri a sottoscrivere progetti sussiste solo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 51 e 52 del regolamento di cui al R.D. n. 2537 del 1925, nel caso di progettazione e verifica degli impianti; un architetto deve pertanto ritenersi abilitato a sottoscrivere un progetto nel caso in cui non si debba procedere alla progettazione di impianti, ma solo al loro montaggio mediante l'esecuzione delle necessarie opere murarie.”, con ciò ribadendo, pertanto, a contrario, la competenza univoca degli Ingegneri in tema di progettazione degli impianti.” (v. allegati).
Conforme il TAR Piemonte, Torino, Sez. II, 15/05/2015 n.846: “Gli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537/1925, che sono ancora in vigore e che pertanto ancora oggi costituiscono il punto di riferimento normativo per stabilire il discrimine tra le competenze degli architetti e quelle degli ingegneri, debbono essere interpretati nel senso che appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri non solo progettazione delle opere necessarie alla estrazione e lavorazione di materiali destinati alle costruzioni e la progettazione delle costruzioni industriali, ma anche la progettazione delle opere igienico-sanitarie e delle opere di urbanizzazione primaria, per tali dovendosi intendere le opere afferenti la viabilità, gli acquedotti, e depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di illuminazione, salvo solo il caso che tali opere non siano di pertinenza di singoli edifici civili.” (in allegato).
Pare del tutto salda la posizione del Consiglio di Stato in argomento, espressa anche dalla sentenza Consiglio di Stato, Sezione V, 21/11/2018 n.6593: “Allora, è ancora attuale la giurisprudenza di questo Consiglio, richiamata nella sentenza appellata, che ha ritenuto che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. sez. V, 6 aprile 1998, n. 416; sez. IV, 19 febbraio 1990, n. 92; sez. III, 11 dicembre 1984, n. 1538; sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2938).”.
Particolarmente interessante è la circostanza che – all’interno del percorso argomentativo della decisione n.6593/2018 citata – il Giudice Amministrativo d’appello si faccia carico di considerare (fornendone la corretta lettura) la sentenza n.4866/2009 del medesimo Consiglio di Stato, spesse volte invocata dalle rappresentanze istituzionali degli Architetti, come argomento a proprio favore.
Nel passaggio in questione il Consiglio di Stato riconosce un certo margine di elasticità di alcuni concetti, richiamati nella legge professionale, ma delinea al tempo stesso una rigida cornice di riferimento, oltre la quale ogni lettura estensiva deve arrestarsi:
“Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che consentono di adeguare la disciplina all'evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali (come osservato da Cons. Stato, IV, n. 4866/2009 e id., VI, n. 1550/2013 cit.), il discrimine tra le due professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del D.P.R. del 2001. Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di ‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 21 gennaio 2005, n. 9), restano di appannaggio della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune competenza.”.
Ebbene, a parere del Consiglio Nazionale, queste argomentazioni e questi paletti sono ancora attuali e possono essere validamente utilizzati, per ribattere alla posizione di chi sostiene che la previsione di cui al primo comma dell’art.52 RD n.2537/1925 (“Formano oggetto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”) ha il significato di attribuire alla competenza professionale dell’Architetto anche la materia tout court degli impianti.
Ne deriva che non tutti gli impianti possono essere ricondotti alla privativa professionale degli Architetti, ma solamente gli interventi che siano strettamente accessori alle opere di edilizia civile e serventi rispetto alle stesse.
Con assoluta chiarezza si esprime la sentenza del TAR Campania, Salerno, Sez. I, 28/10/2020 n.1547: “Il riparto delle competenze professionali tra la figura dell'ingegnere e quella dell'architetto è tuttora dettato dal R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537, che, all'art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo; ai sensi dell'art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza professionale dell'architetto concorre con quella dell'ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici.”.
Così, in base alla recente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 21/02/2024 n.1745, “La progettazione delle opere viarie, idrauliche e igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. n. 2537 del 1925. In questa prospettiva, le competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, prevedono che le opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico siano di esclusivo appannaggio della professione di ingegnere.”.
Mentre per il Consiglio di Stato, Sezione V, 11/02/2021 n.1255, “La progettazione delle opere viarie che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54, R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto), in quanto le ridette previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall'art. 1, D.P.R. n. 328 del 5 giugno 2001, oltre che dagli art. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso D.P.R.”.
Particolarmente interessante ai fini in discussione appare il passaggio della citata sentenza del Consiglio di Stato, n.1255/2021, che afferma che “Se è ammissibile, alla luce di una nozione estensiva di ‘edilizia civile’, abilitare la figura professionale dell'architetto alla sottoscrizione dei progetti relativi alla realizzazioni tecniche di carattere rigorosamente accessorio, preordinate al mero collegamento di opere edilizie alla viabilità ad esse strettamente servente, alcuna estensione si legittima in relazione alle ‘proposte progettuali migliorative’ ovvero alle ‘varianti’ di cui all'art. 95, comma 14 e 94, comma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 50/2016, che, nella loro attitudine integrativa o modificativa, sono in ogni caso accessorie all'opera viaria, e non certamente alle opere di edilizia civile e sono di pertinenza della figura di ingegnere.”(7).
La conclusione del Giudice Amministrativo di secondo grado è stata quella, pertanto, di accogliere il ricorso dell’impresa, che aveva lamentato che l’offerta tecnica della società controinteressata “era stata sottoscritta da un architetto, non abilitato a curare la relativa progettazione, in quanto privo delle specifiche competenze richieste per il tipo di lavorazioni poste a base di gara.” (v. allegati).
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Riepilogando e cercando di tirare le fila di quanto sin qui – sinteticamente – esposto e richiamato: per lungo tempo è stata negata, dalla normativa e dalla giurisprudenza, la competenza dei professionisti Architetti in tema di impianti.
Negli ultimi anni, invece, si è affermato un filone giurisprudenziale che ammette, in via generale, l’intervento degli Architetti sugli impianti, purchè asserviti o collegati ai fabbricati (v. la più volte citata sentenza del Consiglio di Stato n.4866/2009).
Pare quindi corretto, oggi, ad avviso del Consiglio Nazionale, tenuto conto degli sviluppi della giurisprudenza amministrativa e dei diversi orientamenti in campo, utilizzare un criterio che si basi sulla verifica e analisi caso per caso del singolo intervento in discussione, per addivenire ad una soluzione che tenga conto delle caratteristiche del caso concreto.
Ad es., infatti, - sul versante opposto ai precedenti sin qui segnalati – si evidenzia la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 15 marzo 2013 n.1550, che ha esteso agli Architetti la facoltà di progettare gli impianti tecnologici a servizio degli edifici.
Secondo tale orientamento del Consiglio di Stato, infatti: “Nel caso in specie, si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione”.
Da ciò deriva che “trattandosi di impianto accessorio ad un edificio, la circostanza che il progetto sia presentata autonomamente non fa venire meno il collegamento univoco e funzionale con l’opera di edilizia civile e, quindi, permette che il progetto stesso sia sottoscritto anche da un architetto” (in allegato).
Per completezza di informazione, si rammenta che ha ulteriormente innovato la materia il DPR 16/04/2013 n.75(8)che, ai fini della certificazione energetica, prevede un complesso sistema basato sul possesso dei titoli universitari e sulla frequenza di corsi abilitanti. Ad esempio, tra i titoli di studio espressamente previsti da tale normativa per “il tecnico abilitato di cui alla lettera b) del comma 2” (e “abilitato all'esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici e impianti asserviti agli edifici stessi, nell'ambito delle specifiche competenze a esso attribuite dalla legislazione vigente”), si rinviene – all’art.2, comma 3, lett. a), DPR 75/2013 – la laurea magistrale conseguita – tra le altre – nella classe di laurea magistrale LM 4 (Architettura e Ingegneria edile).
Alla luce di quanto sopra appare opportuno, a parere del CNI, valutare il singolo intervento al fine di stabilire l’eventuale legittimazione professionale degli Architetti in materia.
Fermo restando che i margini di intervento dei professionisti Architetti nel campo degli impianti in generale e degli impianti elettrici in particolare, ad avviso del Consiglio Nazionale, devono rispettare il principio cardine dello stretto collegamento e del carattere servente rispetto agli edifici (l’importante – sopra citata - sentenza n.1255/2021 del Consiglio di Stato discorre, a tal proposito, di ammissibilità di una nozione estensiva di ‘edilizia civile’ per abilitare l’Architetto alla sottoscrizione dei relativi progetti, purchè si tratti di “realizzazioni tecniche di carattere rigorosamente accessorio, preordinate” (in quel caso) “al mero collegamento di opere edilizie alla viabilità, ad esse strettamente servente”).
Sicuramente, sarebbe auspicabile un intervento normativo chiarificatore, date le incertezze interpretative che ancora permangono sull’argomento e le difficoltà di individuare un netto discrimen, atto a delimitare rigorosamente gli spazi di intervento del professionista Architetto in tema di impianti, come il presente studio ha dimostrato.
In questi termini, in base ai dati a disposizione, è il parere richiesto.
Spetta, infine, all’Ordine territorialmente competente – in questo come in altri casi – valutare, in base alla documentazione trasmessa, se vi siano spazi per attivarsi a tutela dei Colleghi Ingegneri, in controversie legate al tema delle competenze professionali spettanti.
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Confidando di avere chiarito i termini della questione giuridica e nello scusarci per il ritardo della risposta – cui confidiamo che l’approfondimento svolto in questa sede possa, almeno in parte, sopperire - inviamo i più cordiali saluti.
ALLEGATI:
1) Determinazione n.57/2000 dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici;
2) Parere CNI del 24/09/1998;
3) Parere CNI del 21/12/2001;
4) Parere CNI del 11/11/2002;
5) Parere CNI del 14/04/2003;
6) Parere CNI del 9/02/2005;
7) Sentenza Consiglio di Stato n.416/1998;
8) Sentenza Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, n.9/2005;
9) Sentenza TAR Piemonte n.846/2015;
10) Sentenza Consiglio di Stato n.6593/2018;
11) Sentenza TAR Campania n.1547/2020;
12) Sentenza Consiglio di Stato n.1745/2024;
13) Sentenza Consiglio di Stato n.1255/2021;
14) Sentenza Consiglio di Stato n.1550/2013.
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NOTE
(1) Avente per Oggetto: “Rif. Vs nota del 18 marzo 2024, prot. n.292 – competenze architetto in materia di progettazione di impianti elettrici.”.
(2) In realtà, non esiste alcuna sentenza della Cassazione civile, II Sez., “n.11994 del 6/12/2022”, in tema di attribuzioni professionali degli Architetti, come menzionato nel documento del CNAPPC. Pare assodato trattarsi di un refuso, e di un richiamo ad un precedente del 1992.
(3) Oggi: Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
(4) Rinvenibili nella Banca Dati Internet del Consiglio Nazionale, a disposizione degli Ordini territoriali.
(5) Allegata alla circolare CNI 30/06/1998 n.221.
(6) Prosegue poi la sentenza affermando che: “L'art. 52 dello stesso Regio Decreto dispone che rientrano nella competenza comune di ingegneri ed architetti le ‘opere di edilizia civile’ ed il raccordo con la norma che precede indica che questa categoria è stata individuata nell'ambito della più ampia e generale competenza degli ingegneri ‘per costruzioni di ogni specie’.
Questa disposizione assume un senso logico solo se la dizione ‘opere di edilizia civile’ viene interpretata in modo letterale e non estensivo: se le opere di diverso genere fossero comprese nella dizione edilizia civile l'eccezione disposta - sia pure transitoriamente per alcuni architetti – non avrebbe alcun significato. Pertanto, con riguardo al caso di specie, trattandosi di un'opera idraulica questa, a tenore delle norme richiamate, è testualmente esclusa dalla competenza degli architetti che non abbiano conseguito il diploma di architetto civile e non possono avvalersi della ripetuta norma transitoria.”. Come si vede, la sentenza del Consiglio di Stato del 1998 analizza, per escluderlo, proprio l’argomento della “ampia nozione di edilizia civile” utilizzato dalle rappresentanze istituzionali degli Architetti per rivendicare un allargamento (rectius: una lettura più estensiva e dinamica) delle proprie competenze professionali.
(7) Tale decisione del giudice amministrativo di secondo grado è stata approfonditamente esaminata all’interno della circolare CNI 16/03/2021 n.709, pubblicata sul sito Internet istituzionale.
(8)“Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici, a norma dell'articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.”
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