Testo
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Vengono richieste indicazioni “in merito al titolo da attribuire a coloro in possesso di un titolo di studio non in ingegneria ma abilitati alla professione di ingegnere ed iscritti all’albo”, il tutto segnalando l’aumento di siffatti casi di iscrizione e “al fine di riportare correttamente il titolo sul timbro professionale, sul certificato e sul tesserino di iscrizione.”.
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Sulla questione si osserva quanto segue.
La richiesta non precisa esplicitamente se si ha di mira il titolo accademico oppure il titolo professionale, come dal contesto appare ragionevole ritenere.
Allo stesso modo, non si sofferma sulle fattispecie che, presso l’Ordine in indirizzo, hanno dato luogo a casi di iscrizione all’albo in assenza del corrispondente titolo accademico.
In ogni caso, sulla differenza tra titolo accademico e titolo professionale è fondamentale la lettura della circolare CNI 26/01/2011 n.383 (1), i cui contenuti sono ancora attuali e in linea con la normativa vigente.
Svolta questa premessa, il quesito avanzato involge una pluralità di aspetti e comporta la necessità di effettuare una serie di considerazioni, su differenti livelli.
Per quanto riguarda i soggetti cui l’ordinamento consente – con una deroga alle regole generali – di ottenere l’iscrizione all’albo degli Ingegneri in assenza del conseguimento della laurea o della laurea magistrale in Ingegneria, viene alla mente l’ipotesi contemplata dall’art.3, secondo comma, della legge 24/06/1923 n.1395 (2) e dall’art.4, secondo comma, del RD 23/10/1925 n.2537 (3).
Sul tema - a meri fini ricognitivi (4) - si segnala il risalente parere CNI datato 5/11/1998, rinvenibile sulla Banca Dati Internet del Consiglio Nazionale (v. allegati).
Con la precisazione che il RD 20 ottobre 1932 n.1960 (5) ivi citato è stato successivamente abrogato dal decreto legislativo 15 marzo 2010 n.66 (“Codice dell’ordinamento militare”).
Nel momento in cui una specifica norma consente ad un soggetto privo della laurea/ laurea magistrale in Ingegneria di ottenere l’iscrizione all’albo professionale, sorge il problema – di carattere giuridico – della individuazione del titolo (professionale) allo stesso spettante.
Non si tratta di un dubbio di poco conto, dato che l’ordinamento attribuisce rilevanti conseguenze alla corretta qualificazione dei professionisti (6) e contempla alcune previsioni sanzionatorie per la spendita delle qualifiche professionali in assenza dei requisiti di legge(7).
Fatti salvi i casi previsti da disposizioni speciali, il titolo professionale che si acquisisce mediante l’iscrizione all’albo degli Ingegneri è quello – a seconda dei casi – di Ingegnere, oppure di Ingegnere iunior, ex art.45, commi 2 e 3, del DPR 5 giugno 2001 n.328.
Come riportano le disposizioni regolamentari citate (“Agli iscritti nella sezione A spettano i seguenti titoli professionali:…”; “Agli iscritti nella sezione B spettano i seguenti titoli professionali:…”), la normativa ricollega il titolo professionale al fatto obiettivo della avvenuta iscrizione all’albo, ragione per cui si ritiene che quella sia la qualifica da riportare nei documenti e negli strumenti identificativi richiamati dall’Ordine territoriale.
Il tutto con l’importante precisazione che la legge professionale degli Ingegneri – a differenza di altre Professioni – non prevede espressamente l’utilizzo di timbro e tesserino professionale, che si sono affermati nella prassi per effetto di scelte discrezionali degli Ordini territoriali (v., tra i tanti sull’argomento, i precedenti pareri CNI allegati, autonomamente rinvenibili sulla Banca Dati Internet del Consiglio Nazionale).
Si vuol dire, in altre parole, che timbro e tesserino professionale non sono imposti dalla legge, nel caso della Categoria degli Ingegneri, mentre è evidente che – nel momento in cui si decide di farvi ricorso – le informazioni ivi riportate devono in ogni caso rispondere a criteri di verità, compiutezza ed attualità, a tutela del pubblico affidamento.
Riassumendo – e conclusivamente – il titolo professionale spettante agli iscritti all’albo non in possesso di un titolo accademico in Ingegneria, ma abilitati all’esercizio della professione di Ingegnere, è quello indicato, rispettivamente, dai commi 2 e 3 dell’art.45 del DPR n.328/2001.
E questo perché il titolo professionale è cosa diversa dal titolo accademico.
Nel momento in cui si decide di fornire agli iscritti timbro e tesserino professionale, è bene prestare particolare attenzione alle informazioni riportate sugli stessi (8).
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In questi termini è l’avviso del Consiglio Nazionale, sulla base dei dati a disposizione e ferme restando eventuali diverse indicazioni del Ministero della Giustizia e del MUR (9).
ALLEGATI:
1) Parere CNI 5/11/1998;
2) Parere CNI 30/04/2011;
3) Parere CNI 18/07/2011;
4) Parere CNI 4/07/2012.
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NOTE
(1) “Titolo accademico e titolo professionale – informazioni da riportare sul timbro – continue richieste di chiarimento – indicazioni circa la distinzione e la corretta dizione con cui chiamare gli iscritti alle sezioni A e B dell’albo – riepilogo della disciplina”, pubblicata sul sito Internet istituzionale.
(2) Si riporta di seguito il testo dell’art.3 della legge n.1395/1923:
“Sono inscritti nell'albo coloro ai quali spetta il titolo di cui all'art. 1, che godono dei diritti civili e non sono incorsi in alcuna delle condanne di cui all'art. 28 della L. 28 giugno 1874, n. 1938.
Potranno essere inscritti nell'albo anche gli ufficiali generali e superiori dell'arma del Genio che siano abilitati all'esercizio della professione a senso del R.D. n. 485 in data 6 settembre 1902.”.
(3) Di seguito il testo dell’art.4 RD n.2537/1925:
“Per essere iscritto nell'albo occorre aver superato l'esame di Stato per l'esercizio della professione di ingegnere e di architetto, ai sensi del R.D. 31 dicembre 1923, n. 2909, salve le disposizioni dell'art. 60 del presente regolamento.
Potranno essere iscritti nell'albo, a termini dell'art. 3, capoverso della L. 24 giugno 1923, numero 1395, anche gli ufficiali generali superiori dell'Arma del genio che siano abilitati all'esercizio della professione, ai sensi del R.D. 6 settembre 1902, n. 485.”.
(4) Data la vetustà e il carattere non più attuale del medesimo.
(5) “Abilitazione all'esercizio della professione d'ingegnere per alcune categorie di ufficiali del Regio esercito, della Regia marina e della Regia aeronautica.”.
(6) La Cassazione penale, V Sezione, 15/06/2022 n.23353 ha confermato la condanna di un professionista alla pena di mesi otto di reclusione, per violazione dell’art.496 cp, per aver reso, nella qualità di consulente tecnico di parte, false dichiarazioni riguardo proprie qualità personali e professionali, in merito ai titoli di studio conseguiti. In particolare, per l’affermazione di “avere conseguito la laurea in ingegneria” (il soggetto, in realtà, risultava avere conseguito il solo diploma di ragioneria e perito commerciale).
(7) Art.496 CP (“False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o altrui”): “Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell’altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.”; art.498 CP (“Usurpazione di titoli o di onori”): “Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 497-ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929. Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente. Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta la violazione con le modalità stabilite dall'articolo 36 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.”.
(8) V., ancora, la già citata circolare CNI n.383/2011.
(9) Ministero dell’Università e della Ricerca.
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